Corriere della Sera, 31 ottobre 2024
Il nonno che ballo
Più di un lettore mi ha scritto per commentare con toni indignati il video di quel nonno di Castelfranco Veneto che si dimena al suono di una musica sincopata davanti alla bara del nipote, caduto in un incidente stradale. La morte ci fa paura, soprattutto la nostra, e i funerali riflettono questo tabù non più con i pianti dirotti e le vesti stracciate, ma con una maschera di silenzio sotto la quale ciascuno è libero di pensare ai fatti propri. L’unico principio che andrebbe rispettato, nei funerali come nel resto, è la buona fede: puoi fare quel che ti pare, entro certi limiti, a condizione che tu ci creda davvero. E il nonno di Castelfranco non solo dà l’impressione di crederci, ma appare evidente che quel ballo forsennato è il suo legame invisibile con il defunto, innamorato della musica techno. Esattamente come la danza solitaria di quel signore di Biarritz davanti alla bara della compagna, che però mise d’accordo tutti perché era un romantico swing.
A chi lo giudica da fuori, il nonno di Castelfranco potrà anche sembrare un po’ sopra le righe. Ma ognuno di noi reagisce al dolore del distacco come sa o, forse, come può. Anche le parole che ha urlato sopra la bara – «Vola, ora sei libero! Vivere, vivere, vivere!» a qualche lettore sono sembrate retoriche ed eccessive, mentre a me piace interpretarle come un modo socratico di concepire la morte. Non la fine di tutto, ma il passaggio verso un’altra condizione: diversa da questa, ma non necessariamente peggiore.