il Fatto Quotidiano, 30 ottobre 2024
Ritratto di David Cronenberg
Che cos’è il genio? È fantasia, intuizione, colpo d’occhio e… David Cronenberg. Con buona pace del Melandri di Amici miei, il demiurgo del body horror è genio certificato: sposta il senso, trasla il sentimento, cambia il mondo. Per esempio, sui cattivi: dopo tanti curati di campagna, marcellini pane e vini e, perfino, onde del destino, pensereste mai a figurae Christi men che pie, baciapile, comunque timorate di Dio? Ecco, l’ottantunenne maestro canadese sì: «In qualche modo bizzarro e contorto un cattivo è sempre una figura simile a quella di Cristo: sai che sta per morire, e muore per i tuoi peccati, per la tua rabbia, per la tua follia. Lo fa per te, così non devi farlo tu».
Cronenberg è onnivoro, e ci mancherebbe, con la dieta poetica che ci ha prescritto: teste che esplodono (Scanners, 1981), parassiti incazzati (Il demone sotto la pelle, 1975), scienziati mutati in insetti (La mosca, 1986). Prende giovinetto L’allegoria d’amore, il libro di C. S. Lewis, vi rinviene l’amore romantico quale invenzione letteraria, e nulla più, dell’xi secolo, e scoperchia il talamo coniugale: «L’epoca vittoriana era fortemente incentrata su questo tipo di visione: la donna che si sposava era una dea, quella da mettere sul piedistallo. Naturalmente, questo significava che non potevi scopartela, perché come poteva essere una dea e allo stesso tempo la puttana che desideravi davvero?».
A noi basti desiderare Cronenberg, che professando «siamo tutti scienziati pazzi, e la vita è il nostro laboratorio» manda in libreria con Wudz una miscellanea di interviste sulla fine del cinema, l’esistenza – pardon, existenz – e altri incubi: Una storia di violenza, e ci sguazza. Sesso compreso: laddove Il pasto (è) nudo, il blob è una specie di oggetto sessuale universale e s’ingroppa il pavimento, anzi, «s’ingropperà qualsiasi cosa! È peggio di un cane in calore».
Cronenberg, invece, a letto com’è? Non ha reticenze, intanto, e s’è provato fusionale: «All’interno del ‘normale’ sesso eterosessuale, si hanno questi momenti dionisiaci e non c’è dubbio che io li abbia sperimentati. Senza l’aiuto di droghe, aggiungo, perché non ne prendo davvero. Momenti in cui non sei né maschio né femmina, sei solo un essere sessuale. E non sai se ti stanno scopando o se stai scopando, e non fa alcuna differenza. Sento davvero di averlo provato. E nei momenti migliori è sempre così. Si perde, tantissimo, la propria individualità».
Avete capito, questo libro è come la psicoanalisi, ma meglio. Sul sesso David ci sta, tanto, e sull’orientamento pure: «Ricordo di aver recitato in un film underground a Toronto, dove doveva esserci un’orgia, e mi sono ritrovato ad abbracciare un ragazzo e a baciargli la guancia e così via. I peli delle gambe, la barba, mi hanno davvero fatto storcere il naso».
Insomma, la (sua) omosessualità può attendere e gli autori (italiani) pure: «Nonostante avessi visto tutti quelli che normalmente sono considerati dei registi molto influenti – Fellini, Bergman e Antonioni – suppongo che li stessi solo assorbendo piuttosto che studiando. Non mi sono mai sentito influenzato da nessuno. È davvero liberatorio poterlo dire e sentirlo chiaramente».
In direzione ostinata e contraria, dai primi horror agli adattamenti da William Burroughs (Il pasto nudo), Don Delillo (Cosmopolis) e Bruce Wagner (Maps to the Stars, romanzo-sceneggiatura), Cronenberg ha drammatizzato, e perfezionato, la lotta tra le aspirazioni della mente e il disordine della carne, fissando per immagini e nell’immaginario creature zoomorfe e parabole escatologiche.
Già, quale salvezza per il Cinema a cui ha dato così tanto, quale possibilità per l’arte? Anche qui, la risposta scarta dalla banalità: «Sto proponendo l’arte come mezzo per venire a patti con la morte. Sì. Credo di porre l’arte in contrapposizione alla religione, o in sostituzione della religione... credo possa fare la stessa cosa. Ma in modo molto meno schematico, molto meno rigido e assoluto, ed è per questo che mi attrae, mentre la religione no».
Nabokoviano d’adozione, visionario di necessità, filosofico per vocazione, che succederebbe a David Cronenberg se non riuscisse più a scaricare sullo schermo l’attrazione per l’estremo? «Non so se la pressione arriverebbe al punto di doverla ‘mettere in atto’... che parole terribili. O se rimarrebbe semplicemente repressa, tanto che finirei per essere una persona un po’ insoddisfatta, non molto realizzata, ma che non fa necessariamente nulla di particolarmente antisociale o spettacolare. Non lo so davvero».