Avvenire, 30 ottobre 2024
I libri italiani finiti nei roghi nazisti
Il più famoso rogo di libri è stato senza dubbio quello del 10 maggio nel 1933 da parte dei nazisti contro la stampa. Non è stato né il primo né l’ultimo, anzi negli ultimi anni c’è stata una ripresa con autodafé di corani anche (ma non solo) in risposta alle distruzioni perpetrate dall’Isis. Sulla scorta di questo funesto evento storico, Fabio Stassi, in Bebelplatz (Sellerio, pagine 304, euro 16,00) scrive un saggio intenso dalla scrittura intrigante, che si sofferma sui cinque autori italiani prescelti dai nazisti per i vari roghi che si svolsero nel Terzo Reich, tra cui il principale all’Opernplatz, ribattezzata Bebelplatz in onore di August Bebel (1840-1913), il fondatore del partito socialdemocratico tedesco. Nella piazza, di fronte all’università, oggi il rogo è ricordato da un suggestivo monumento “La biblioteca” dello scultore israeliano Micha Ullman (1939): da una lastra di cristallo si scorgono in profondità numerose scansie vuote che potrebbero contenere 25mila volumi, quelli bruciati nella notte del 10 maggio.
Il discorso labirintico di Stassi, che dedica pagine coinvolgenti a Elias Canetti, a Elsa Morante e soprattutto a Sciascia, si focalizza su quei nostri autori inseriti nella “lista nera” della Germania nazista. Rappresentano un canone sorprendente: il primo è l’Aretino, condannato per i suoi scritti erotici e licenziosi (e non certo per quelli edificanti che non gli valsero la porpora cardinalizia cui pur ambiva). Cronologicamente segue a sorpresa il povero Emilio Salgari (1862-1911). I tedeschi che amavano tanto Karl May, il suo corrispettivo germanico, furono spietati con lo scrittore di Sandokan, forse per il potenziale rivoluzionario di certi suoi romanzi, sicuramente antirazzisti, internazionalisti, ‘garibaldini’. Ma dove la condanna meglio si applicava è nel caso di Giuseppe Antonio Borgese (1882-1952), germanista, romanziere e uomo politico impegnato per la pace mondiale, che negli anni della sua maturità suonava come una aperta condanna del militarismo e dell’antisemitismo. Borgese fu uno dei dodici professori universitari che rifiutarono di giurare fedeltà al fascismo. Abbandonò cattedra e patria per emigrare negli Stati Uniti dove incontrò i più ampi riconoscimenti accademici e politici e dove, sposando Elisabeth Mann, si legò a Thomas e alla cultura dell’emigrazione. Di analoga grandezza politica e letteraria è Ignazio Silone (19001978), il quarto dei proscritti, per decenni nell’emigrazione e spesso nell’indigenza. Ma la vera sorpresa è l’inserimento di Mura, ovvero Maria Volpi (1892-1940), celebre per i suoi romanzi “rosa”, apprezzati e vendutissimi, finché con le capitò di dedicarne uno all’amore (per altro finito male) tra un aitante africano e una italianissima ragazza. Il romanzetto, con una copertina assai eloquente, suscitò l’ira di Mussolini alle prese con la costruzione dell’impero. Senza il rogo difficilmente Mura sarebbe ancora ricordata nelle pagine assai vivaci di Stassi, cui dobbiamo un libro che è storia, critica letteraria, ma anche attualità poiché, malgrado il costante scempio dei libri, la letteratura «merita comunque un elogio, perché continua a sopravvivere» nonostante tutto. Si può aggiungere che talora proprio i roghi riaccendono l’amore per i libri, la lettura e la letteratura.