Corriere della Sera, 30 ottobre 2024
I migliori ospedali d’Italia
La differenza la fanno i primari. Quando un reparto migliora i risultati a livello di tempistica, numero di pazienti e percentuali di sopravvivenza, dietro c’è sempre la mano di un timoniere che ha saputo cambiare l’organizzazione interna. «Non basta essere bravi chirurghi per dare lustro. Oggi il professionista di successo deve saper fare il manager», dice Marina Davoli, una delle storiche anime del progetto nazionale esiti (PNE) di cui è responsabile tecnico.
È uno strumento creato dall’epidemiologo Carlo Perucci nel 2008 per valutare in modo indipendente il rendimento degli ospedali, ora curato da Agenas, l’agenzia nazionale dei servizi sanitari. L’intento è di fornire alle amministrazioni locali una bussola per correggere il malfunzionamento del loro sistema. Il fruitore finale però è il cittadino che può consultare il lavoro sul sito trovastrutture.it (ci sarà anche un’applicazione dedicata) facendosi sempre affiancare dal medico per interpretare correttamente i dati e decidere dove farsi operare. Non bisognerebbe optare per centri con poca attività: la qualità la fa il volume di casi trattati.
All’inizio era sbagliato chiamarla classifica, ma oggi il rapporto è diventato così completo e approfondito da valere come campionato della sanità italiana. In cima alla graduatoria per il terzo anno consecutivo troviamo l’istituto clinico Humanitas di Rozzano, di qualità alta o molto alta, privato e convenzionato col servizio sanitario. Primeggia in 7 delle 8 delle aree cliniche di riferimento, tutte tranne gravidanza e parto di cui è sprovvisto. Nel pubblico svettano l’azienda ospedaliero universitaria delle Marche (7 su 8) e il Careggi di Firenze (8 su 8, inclusa la gravidanza). La triade di testa, citata dal direttore di Agenas, Domenico Mantoan, è stata selezionata elaborando i dati di 356 centri (sui 1363 tra pubblici e privati esaminati).
I ricoveri totali sono saliti a 8 milioni, 312.000 oltre il 2022, quindi tornati in linea con la fase pre-Covid. La qualità dell’assistenza in generale è cresciuta in tutta Italia nelle aree più critiche, cardiovascolare e oncologica. Sale la percentuale di pazienti con frattura di femore operati entro i tempi ottimali, 48 ore. Stentano a diminuire invece i parti con taglio cesareo, sintomo di cattiva sanità e imperfetta organizzazione.
Il problema è che permangono i divari all’interno di uno stesso ospedale. A reparti super efficienti si accostano realtà con rendimento inferiore alla soglia minima che non sarebbe sbagliato chiudere per la sicurezza dei pazienti. «La sanità è in ripresa tra Nord e Sud ma purtroppo funziona ancora a macchia di leopardo» non nasconde le magagne il ministro della Salute Orazio Schillaci. Progressi tra le Regioni che arrancavano. La Calabria, ex maglia nera, è balzata in avanti. Ha recuperato bene la Sicilia.