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 2024  ottobre 30 Mercoledì calendario

Lorenzi come Schumacher, intervista a Gros

Piero Gros, oro olimpico e iridato, vincitore di una Coppa del Mondo, uno dei protagonisti della Valanga Azzurra degli anni 70. Lei ha vissuto nel 1979 la tragedia di Leo David: c’è un’analogia con la disgrazia di Matilde Lorenzi?
«No, sono due dinamiche molto diverse. Non so come sia caduta Matilde e non credo sia entrata in coma. Invece Leo dopo l’episodio di Cortina era tornato a casa ed era venuto tranquillamente con noi a Lake Placid per le pre-olimpiche. Cadde quasi come se fosse svenuto, poi si rialzò e arrivò al traguardo. Nemmeno il tempo di dirgli “come va?” e si accasciò sui miei sci. Non si riprese più, si spense nel 1985».
Gli allenamenti sui ghiacciai sono sicuri?
«Assolutamente sì. Ormai sono frequentati da tanti atleti, inclusi quelli degli sci club. Le sedute sono tranquille, non si va a cento all’ora. Se ci sono poi tracciati paralleli, si parte in modo alternato per non rischiare scontri. Questo incidente è frutto di una fatalità disarmante, un po’ come quella di Michael Schumacher nel 2013 a Méribel».
Matilde è caduta in un punto pianeggiante: è incredibile che si sia fatta così male.
«Dipende da come cadi. Anche se si è in piano, se a 50 orari cade una persona che, dico una cifra, pesa 60 chili, il botto è tosto. Peraltro sì, è stato qualcosa di assurdo: a Kitzbuehel in discesa cadono a 140 all’ora e non si fanno nulla».
La sicurezza nello sci di oggi è davvero alta?
«Ai nostri tempi scendevamo avendo come protezioni le balle di fieno: e nel fieno capitava di finire… Ormai non puoi più permetterti di organizzare le piste in questo modo: le disattenzioni sono bandite già per gli atleti comuni, figuratevi quando di mezzo di sono le Nazionali. Gli allenatori, infine, ora hanno enormi responsabilità e non possono sgarrare».
Forse la povera Matilde ha avuto anche lesioni decisive degli organi interni. Nelle discipline veloci l’atleta ha il tronco protetto dall’air bag: è il caso di estenderne l’uso ai gigantisti?
«Sì, può essere una buona idea, come minimo per le gare».
Qualcuno ha messo sotto accusa i caschi: si può fare di più e di meglio?
«Il livello raggiunto è altissimo, le aziende e la Federazione internazionale hanno fatto il massimo e non è pensabile che si adottino i caschi integrali come nelle moto. Purtroppo, però, gli incidenti assurdi possono sempre capitare. Ma non per questo si deve dire che le cose non sono a posto».