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 2024  ottobre 29 Martedì calendario

Gli orfani di Liam Payne

«Having no regrets is all that she really wants». Non avere rimpianti è tutto quello che lei vuole. Liam Payne canta guardando in camera nel video di Night Changes, rivolgendosi a tutte le fan che un rimpianto l’hanno davvero: non aver mai visto un concerto degli One Direction. Di quei cartelloni, come se ne vedono ai live, è piena la statua di Peter Pan a Kensington Garden, il parco di Londra dove le fan si sono riunite per ricordarlo. Due uomini passano. «Chi è?», chiede uno. «Il cantante degli One Direction», risponde l’altro con sguardo triste. Come la donna che gli rende omaggio con la figlia: quelle canzoni le avrà ascoltate, e amate, di riflesso.Liam Payne non c’è più, morto il 16 ottobre dopo essere precipitato dal terzo piano di un hotel a Buenos Aires, dove poco tempo prima era andato al live dell’ex collega Niall Horan. È morto un ragazzo di cui in tante si sono innamorate guardando i video su Mtv e YouTube, quando per seguire un gruppo bisognava stare incollate alla tv aspettando di sentir passare la propria canzone preferita. Quando Instagram e Whatsapp erano agli albori e comprare un disco andava ancora di moda, un po’ meno convincere la mamma ad andare al concerto della boy band del momento se il giorno dopo c’era l’orale della Maturità. Quando per una liceale di provincia imparare a memoria le loro canzoni voleva dire fare un corso accelerato di inglese.Tutte ci speravano, erano convinte che nel 2025 i 1D si sarebbero riuniti. Magari il 25 marzo, per i dieci anni dall’addio di Zayn Malik. Che, ironia della sorte, Liam e Harry Styles dicevano, scherzando, di voler cacciare, nel documentario This is us del 2013: un giorno, al bar, non si era presentato alle prove. Zayn è rimasto, Harry anche, con una carriera solista che non ha faticato a decollare. Con Liam se ne va quella speranza. C’è solo un’amara verità: la reunion si farà ma al funerale, a Wolverhampton, città natale a tre ore dalla capitale, la Londra che ha fatto da sfondo ai primi videoclip, dopo X Factor dove il gruppo era nato quasi per caso. La Londra che oggi gli dedica uno speciale del magazine Ok.Nel docufilm è Louis Tomlinson a ipotizzare un futuro per i cinque giovani scappati da casa. Né bulli, né guastafeste: ragazzi normali che sono semplicemente dovuti fuggire per inseguire un sogno. «Non vi spaventa che questa sia la parte migliore della nostra vita?», chiede Louis. I meravigliosi vent’anni, tanto spensierati quanto privi di consapevolezze. Ma loro sono partiti al contrario, «come Benjamin Button», risponde Liam che sogna un futuro normale, con una moglie e dei figli. «Sarebbe incredibile se un giorno una mamma dicesse alla figlia “erano la band dei miei tempi, ragazzi normali ma pessimi ballerini"».Quel caso, o forse destino, che li ha fatti diventare una band, si è trasformato in forza. Per le fan che in loro vedevano i ragazzi della porta accanto. Bretelle, papillon, maglia a righe in stile British: tutti e cinque vestiti mai uguali ma con colori abbinati, come quando a Sanremo 2012 si sono presentati di rosso e di blu, da veri inglesi. Guai, però, a dire a un coetaneo quanto fossero bravi i 1D: si sarebbe rischiato di passare per ridicole «fan girl», mica era musica vera quella. Ma sincera sì. Cantava di amori innocenti, romantici, con le frasi che qualsiasi sedicenne avrebbe voluto sentirsi dire: «Non ti serve il make-up, sei già bella così». Il trucco della semplicità, quella di ballerini negati e mai posati, teenager che amavano divertirsi nel backstage, scherzare tra loro, tornare dalle famiglie tra una tappa e l’altra del tour; regalare una casa alla mamma che ha fatto tanti sacrifici; lavorare qualche giorno nella panetteria dove per due anni ci si è guadagnati da vivere.All’Hard Rock Cafe di Piccadilly Circus, vicino alla cabina telefonica usata per la copertina dell’album Take me home, ci sono altri messaggi e fiori per Liam, foto con lui, disegni del suo tatuaggio a cinque frecce, i 1D al completo. Qualcuno in rete fa notare che Liam apre e chiude la storia del gruppo. È lui a cantare l’inizio di What makes you beautiful ed è lui a stoppare History, prima dello scioglimento definitivo: «We can live forever», Possiamo vivere per sempre. A quei ricordi deve dire addio l’ultima generazione nata senza social. O, forse, vivranno davvero per sempre.