Corriere della Sera, 29 ottobre 2024
Riusciremo mai a volerci un poco più di bene?
Sappiamo che l’Italia non sta bene, sappiamo che l’Europa ha la febbre, ma continuare a parlare di morte non aiuta il malato a guarire. Quello che scoraggia i giovani che scappano dal Paese che li ha nutriti, istruiti e portati alla maturità è proprio la mancanza di fiducia nel futuro, la consapevolezza che il corpo del proprio Paese sia morente e quindi lasciamolo crepare e buonanotte. Ma un poco di orgoglio, un poco di consapevolezza che, confrontato con la maggior parte dei Paesi del mondo il nostro è ancora un territorio libero, benestante, democratico, penso che farebbe respirare il malato. La critica è importante e qualsiasi pratica democratica ne ha bisogno, ma che diventi la norma del vivere quotidiano, la lamentela di chi, attraverso i giornali, la televisione, la radio continua a gridare che il corpo del malato è già cadavere, quando ancora il povero infermo ha gli occhi spalancati è francamente un omicidio. Mi fa venire in mente il povero Pinocchio che tradito dal gatto e dalla volpe pendeva dal ramo e scalciava per liberarsi senza riuscirci. La fata lo vide dalla finestra, ne ebbe pena e inviò un falco a controllare. Saputo che era ancora vivo, spedì un can-barbone a prenderlo. Quando can -barbone ritornò col burattino inerte, la fata battè le mani tre volte e subito apparvero tre medici: un corvo, una civetta e un grillo. La fata chiese ai medici se Pinocchio fosse vivo o morto. Il corvo rispose: «A mio credere il burattino è bell’e morto. Ma se per disgrazia non fosse morto allora sarebbe indizio sicuro che è sempre vivo». «Mi dispiace contraddire l’eccellente collega», disse la civetta, «per me il burattino è sempre vivo, ma se non fosse vivo allora sarebbe segno che è morto davvero». E il terzo? L’ultimo medico, più saggiamente sostenne: «Quando il dottore non sa quello che dice, fa bene a tacere». Collodi conosceva il suo Paese e lo raccontava con giusta severità, ma nello stesso tempo lo amava e pensava che alla fine la «birba matricolata» avrebbe ritrovato gli affetti e il senso delle cose giuste. Riusciremo mai a volerci un poco più di bene? Non parlo di egoismo o narcisismo, ma di consapevolezza e coscienza civile, di affetto per un meraviglioso Paese che tutti vogliono conoscere e percorrere, ma viene continuamente sbertucciato e fatto oggetto di risse e schermaglie inutili, tanto da fare allontanare la balena della pace. Ma quando affronteremo il futuro con un poco di fiducia e di orgoglio?