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 2024  ottobre 29 Martedì calendario

I numeri degli affidi in Italia

Sono più di 12mila i minori che vivono oggi nelle famiglie affidatarie per cercare di costruire un futuro visto che nel loro nucleo d’origine non c’erano più le condizioni per crescere bene. Quello dell’affido è uno strumento con una forte storia italiana. Ma negli ultimi anni, complice anche il clima creato dal discusso caso di Bibbiano, l’Italia è finita penultima in Europa nella classifica che misura la capacità di allontanare i minori dalle famiglie con gravi disagi. Le cause sono note: dipendenze dei genitori, allontanamento volontario di uno dei due, gravi difficoltà educative, malessere psicologico sempre dei genitori. Paola Ricchiardi è docente di pedagogia sperimentale all’Università di Torino. «Gli ultimi dati sono del 2022 – spiega – e sono riferiti ai casi già sfociati nell’affidamento. Non sono nuovi. Si conferma la tendenza dell’Italia ad allontanare il meno possibile, solo quando intervengono le forze dell’ordine». Un Paese che vede aumentare il numero dei reati sui minori: secondo i dati di Terre des Hommes nel 2023 sono stati 6.952, 19 al giorno, cresciuti del 34% in dieci anni. Aumentano anche i maltrattamenti in famiglia: 2.843, più del doppio rispetto al 2013. «Da qui – commenta ancora Ricchiardi – si capisce l’importanza di mettere in protezione i minori, impedendo che si verifichino i maltrattamenti». La maggioranza degli affidamenti è provocato da casi giudiziari, l’età è prevalentemente dai 14 ai 17 anni. In maggioranza sono maschi. «Uno su cinque – prosegue Ricchiardi – ha un background migratorio. Un bambino che viene da una storia di migrazioni ha il doppio delle possibilità di essere accolto in affidamento rispetto ad un autoctono. Le differenze territoriali sono forti: più diffuse in Piemonte, Liguria, Marche, Umbria, Toscana, Emilia – Romagna e Lombardia. Decisamente minori in altre regioni. Al Sud è più frequente l’affido intra-familiare rispetto al nord». Le famiglie affidatarie hanno già figli nel 58% dei casi, ma devono essere riorganizzate le regole per rispettare le necessità dei genitori affidatari e i loro impegni lavorativi.
Stereotipi e pregiudizi verso l’affidamento sono esplosi negli ultimi anni. La Regione Piemonte ha approvato la legge «allontanamento zero». «In Italia – dice ancora Ricchiardi – non si strappano i bambini e il danno più grave è perdere fiducia nei confronti dei servizi a sostegno. Dobbiamo ricostruire una cultura dell’accoglienza, anche perché dalle analisi emerge il tentativo delle affidatarie di avere relazioni serene con i genitori biologici».
«Notiamo – racconta Walter Martini, responsabile di una Casa Famiglia dell’associazione Papa Giovanni XXIII e rappresentante nel Tavolo Nazionale Affido – una certa tenuta rispetto agli affidi familiari. Ma c’è un aumento dell’inserimento nelle strutture residenziali. Sono sempre meno le famiglie con figli che fanno domanda. L’affido è diventato più complesso e variegato: le situazioni dei bambini e dei ragazzi che richiedono accoglienza sono diverse, eterogenee e anche molto più difficili. Si arriva a situazioni troppo compromesse e le famiglie con bimbi piccoli hanno più difficoltà ad accogliere i bambini con disturbi del comportamento».
Secondo gli esperti c’è ancora un grande bacino di nuclei disponibili ad accogliere. «Le buone esperienze – conclude Martini – sono contagiose e positive. Quelle negative lasciano il segno anche fuori. Allontanare non è la parola giusta. È accompagnare, sostenere, affidare». Di tutto questo si parlerà a Trento il 7 novembre in un convegno nazionale. «Il momento – conclude Frida Tonizzo presidente di Anfaa, l’associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie – è difficile perché si è creato un clima di sospetto ingiustificato nei confronti delle famiglie e degli operatori. Non tutto funziona al meglio, ma c’è un’ombra negativa. Abbiamo bisogno di rilanciare l’affidamento».
Piovono critiche sull’utilizzo troppo frequente dell’affido in via giudiziaria. «Abbiamo superato – aggiunge Tonizzo – l’80% del numero complessivo come affidamenti giudiziari. Intervengono in situazioni già difficili, se non compromesse. È preoccupante perché viene a mancare un ricorso preventivo. Puntiamo su quelli consensuali, in accordo con le famiglie d’origine. Merce rarissima, perché la consensualità è una delle condizioni vincenti per una buona riuscita». Le associazioni hanno presentato alla politica un documento di richieste affinché vengano create le condizioni migliori possibili. «Servono – conclude Tonizzo – un buon numero di operatori preparati e sensibili, e adeguati finanziamenti. Talvolta i rimborsi spese alle famiglie non vengono corrisposti. È scandaloso perché si escludono dall’opportunità quelle con minori disponibilità economiche. Come ha detto una famiglia affidataria: l’amore non si paga, ma tutto il resto sì».