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 2024  ottobre 27 Domenica calendario

Monet alla Courtauld Gallery di Londra

Ogni giorno che passiamo davanti alla Courtauld Gallery a Londra, è immancabile il cartello: «Sold out». Quindi prenotate per tempo, perché sinora è tutto esaurito per la mostra di Claude Monet, nel piccolo ma eccezionale museo di Somerset House, che tra gli italiani ancora non ha la fama che meriterebbe. Eppure, qui ci sono capolavori come A Bar at the Folies-Bergère di Édouard Manet o l’autoritratto di Van Gogh col l’orecchio fasciato. E ora, fino al 19 gennaio, anche la mostra Monet and London. Views of the Thames.Da una parte, Claude Monet, allora il pittore impressionista più famoso di Francia. Dall’altra, la capitale britannica, la città più grande e popolosa al mondo a cavallo tra XIX e XX secolo, con quasi tre milioni di abitanti alla fine dell’Ottocento. Ma anche la più caliginosa e fosca, con la sponda sud del Tamigi Southbank simbolo carbonico della Rivoluzione industriale, a differenza di Parigi che spostava le fabbriche fuori dal centro.È la great fog. Eppure, questo fumo di Londra, questa bruma che i londinesi chiamavano pea-soupers, con riflessi verdi e talvolta scarlatti, è qualcosa alla moda, un’orgogliosa attrazione. E conquista e fa impazzire Monet, nonostante penetri e annerisca le anime degli inglesi persino nel cuore della città, tra Waterloo e il Parlamento di Westminster, con i lampioni che devono restar accesi fino alle 10 del mattino per fare un po’ di luce: «Adoro Londra! Ma solo in inverno. Senza la fog, Londra non sarebbe una bella città. È la fog che le dà quella magnificenza. I suoi isolati regolari e giganteschi diventano grandiosi con quel “mantello misterioso” intorno». Monet è un anglofilo, adora le giacche di tweed, la English breakfast e lo Yorkshire pudding. La sua prima volta a Londra è nel 1869 ma allora è povero in canna e soggiorna in uno squallido bugigattolo nei pressi di Piccadilly Circus. Stavolta, trent’anni dopo, il maestro dell’impressionismo può permettersi il leggendario hotel Savoy. Dal suo balcone e intorno all’albergo di lusso, durante tre visite tra il 1899 e il 1901, Monet immortala prodigiosamente il Tamigi, il ponte di Waterloo, quello di Charing Cross, e ovviamente il Parlamento britannico senza il Big Ben, preferendogli l’altra monumentale torre Victoria.«Non riuscirai a credere ai meravigliosi effetti cui ho assistito negli ultimi due mesi, ammirando il Tamigi», scrive Monet alla seconda moglie Alice. Ora possiamo ammirarli anche noi, in queste ventuno opere accolte dalla Courtauld. In origine sono centinaia, ma più che altro schizzi, che Monet porta con sé di ritorno a Parigi per completarle in un secondo momento, in omaggio alle emotions recollected in tranquillity di William Wordsworth. Alla fine, finisce di dipingerne 37, in un lotto che lui chiama Vues de la Tamise e che vengono esposte nel 1904 a Parigi, all’omonima galleria del suo mercante d’arte Paul Durand-Ruel in rue Laffitte, dove nacque il maestro. È un successo straordinario che eleva Monet tra i colossi dell’arte, i dipinti della kermesse vanno a ruba e l’artista vuole replicare lo show l’anno successivo a Londra. Ma oramai i quadri sono finiti in altre mani e i piani saltano.Ora però, 120 anni dopo e a 300 metri dal Savoy, la Courtauld ha esaudito il sogno inglese di Monet. Ed ecco a voi quindi, en plein air, le ciminiere fumanti di Overcast Weather, la nebbia prepotente «di tutti i colori, nero, marrone, giallo, verde, viola... voglio vedere gli oggetti attraverso tutto questo», confida Monet a un giornalista nel 1901. Mentre la luce del “sole velato” (1903) squarcia la coltre plumbea e illumina i particolari impercettibili.E, come nel meraviglioso Waterloo Bridge, Sunlight Effect qui presente, le onde del Tamigi diventano dorate di bellezza e speranza, quasi un omaggio a Venezia o alla Costa Azzurra. Sono le premesse delle sue successive e ipnotiche Ninfee, che occuperanno l’artista per il resto della sua vita esauritasi a Giverny nel 1926.Si dice che Monet, per queste stupefacenti pennellate ed effetti sensazionali, si sia ispirato a William Turner, sebbene respingesse “l’esuberante romanismo” del collega inglese. E questo purgatorio di nebbia policroma ricorda anche i Notturni dell’americano James McNeill Whistler, trent’anni prima. C’è anche il quadro Charing Cross Bridge che venne donato a Winston Churchill nel 1949 proprio per sensibilizzare la politica sulla piaga dell’inquinamento a Londra, oggi una delle capitali occidentali più verdi e respirabili. Eppure, anche nelle tenebre nocive, Monet dipinge pura poesia.