il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2024
Per Carlo Verdone Roma ormai è una città vacua
VERDONE SE LA CANTA (e ce le suona). “L’omofobia? Ci sono scivolato di proposito. A un conduttore come Mike o Corrado non sarebbe successo nulla, oggi sei bollato ed entri nel disastro”. Verdone porta alla Festa, e dal 16 novembre in streaming su Paramount+ (due puntate a settimana), la riuscita terza stagione della serie Vita da Carlo, che lo vede direttore artistico del Festival di Sanremo alle prese con Paul Mccartney superospite e mille controversie familiari. Ai tempi di Baudo, nei primi anni Novanta, rifiutò la co-conduzione, oggi sul palco dell’ariston non ci salirebbe “nemmeno sotto tortura”, ma vorrebbe si esibissero “Battiato, Battisti, un Celentano più giovane, Mia Martini, Iva Zanicchi”. E i giovani? “Mi rimbalzano addosso, c’è omologazione, l’autotune è una presa in giro”: Verdone salva solo Ultimo e Elisa. Contempla la sua Roma e non gli piace: “‘Chiese vuote e palestre piene’, come declamo in omaggio a
Remo Remotti. È una città vacua, priva di responsabilità, materialistica: un gran casino di macchine e poca manutenzione”. A mandarlo in bestia anche i colleghi, cui ha chiesto di fare le guest star: “Io sono molto generoso, ma trovarne uno disponibile è un terno al lotto: ho capito chi vale e chi non vale un cazzo”. Gli hanno detto sì Giorgio Morandi, Gianna Nannini, Zucchero e Gabriele Muccino. Se il politicamente corretto lo disdegna, con la politica non va meglio: “Va a cantare da J-AX, ma Elly Schlein mi piacerebbe di più se parlasse in maniera diretta al pubblico, con meno cliché. Oggi nemmeno Berlinguer interesserebbe, la società è cambiata: tutto il mondo soffre una non grande eccellenza politica, manca una guida seria”.