il Fatto Quotidiano, 27 ottobre 2024
Intervista a Milly D’Abbraccio, attrice porno
La riconoscono spesso?
Ora sono in Puglia, e per fortuna ancora no.
Non le piace.
Per niente, mi dà fastidio.
Perché? Ogni tanto si appiccica qualche maniaco sessuale, dei bavosi. Non ne può più. Per carattere sono sempre stata chiusa, ma con questo lavoro mi sono data in pasto ai leoni.
Un sacrificio.
Totale. Io sono per il “non mi devi rompere le palle”.
È la pornostar intellettuale.
Certo, molto.
Altro livello.
Vengo da una famiglia di sinistra, tutti musicisti, cantanti, attori. A casa mia si cantavano gli Inti-illimani (e intona El pueblo unido con una verve da manifestazione anni 70); nel 1974 ci siamo trasferiti a Roma da Avellino.
(Milly D’abbraccio il 3 novembre compie 60 anni. Per un ventennio è stata una delle regine dell’hard, una delle pioniere della “rivoluzione schicchiana”...)
Perché?
A mia madre stava stretta la provincia, eppure lì eravamo la famiglia più importante, dei nobili con tanto di stemma a quattro palle. Dei marchesi.
Complimenti.
Mio zio è stato sindaco di Avellino.
Della nobiltà cosa le è rimasto?
Sono una classista merda.
Tipo?
Nella mia testa ho il sangue blu e noi nobili non possiamo abbassarci a storie con idraulici, operai e simili.
Però per la sua professione è stata molto democratica.
Nel lavoro è una cosa, nella vita privata sono sempre stata una grande stronza.
In casa come conciliavate la sinistra e il lato nobile.
Mamma di sinistra, papà fascista, mussoliniano con tanto di laurea; (pausa) quando ero una ragazzina andavamo in Costiera Amalfitana con la Ferrari e ci imbarcavamo su un motoscafo Riva. La bambagia. Poi, morti i miei nonni, è finito tutto.
Una volta a Roma, da ragazza di sinistra, ha iniziato a manifestare?
Ricordo i cori in piazza, tipo: “Col dito l’orgasmo è garantito...”. E poi botte, che botte. Io mi divertivo tantissimo.
Quanti anni aveva?
Dieci o undici. Precoce. Arrivavo da Avellino, mi avevano chiusa in un collegio di suore, per me una manifestazione del genere era qualcosa di esotico e attrattivo.
A scuola come andava?
Insomma, mi punivano sempre, sempre dietro la lavagna o con le orecchie di asino in testa; credo di soffrire di dislessia, ma nessuno se n’è mai occupato.
Ora non dica che è stata pure bruttina.
Invece sì, ero piuttosto buffa e balbuziente.
Nient’altro?
Dalle suore non c’erano mai con i maschi, al massimo li sbirciavamo da uno spioncino mentre giocavano a pallone. Noi sedute, occupate con l’uncinetto o il punto a croce. Poi se li incrociavamo tentavano di toccarmi, e mi incazzavo.
Con i maschi quando è scattata la pace?
Tardissimo. Non ero interessata; l’unica rottura erano le mie amiche che quando parlavamo di uomini mi zittivano in quanto ancora vergine.
Soluzione?
A sedici anni ho acchiappato uno e ho risolto la questione.
Com’è andata?
Non ho provato nulla. Lui intrippato.
Il piacere quando lo ha scoperto?
All’inizio con Alessio Orano, ma era molto più grande di me; poi grazie all’hard; (sorride) e pensare che le suore ci ripetevano: “State attente ai maschi: quando mettono la mano sul ginocchio poi vogliono andare più su”.
Prima dell’hard, com’è entrata nel mondo del cinema?
A sedici anni mi sono iscritta alla scuola di Alessandro Fersen, con mamma che mi indottrinava, mi inculcava sempre le stesse idee: “Se a scuola ti chiedono cosa vuoi diventare da grande, rispondi l’attrice!”. Una matta scatenata. A me e alle mie sorelle ci ha iscritto a danza, ballo, canto e recitazione.
Una macchina da guerra.
A 14 anni mamma mi ha portata a un concorso di bellezza, “Miss Teenager”: lo vinsi, nonostante la vergogna; (ride) eravamo a Favignana, io chiusa in casa, ricordo il presentatore del concorso mentre pronuncia il mio nome per la prima in classifica, mentre mamma urla “esci, esci, vai a prendere la fascia”. Io niente. Chiusa. Quello è l’unico anno del concorso nel quale la premiata non ha una foto sul palco.
Il primo film è di Roberto Benigni, Tu mi turbi.
In precedenza avevo tentato la strada della ballerina e della corista appresso a vari cantanti come Fiorella Mannoia o la Formula 3; da lì un po’ di teatro con Vittorio Caprioli fino ad arrivare al cinema; (sorride) in realtà con Benigni avevamo lo stesso avvocato: una volta ci siamo incontrati nello studio e appena mi ha vista è impazzito.
Ci ha provato. Immediatamente.
Siete stati insieme.
Una storiella; lui geniale: per strapparmi una risata e sedurmi si è pure messo a quattro zampe. Poi una volta insieme lo seguivo in teatro e mi scompisciavo, massacrava tutti i politici e andava avanti nonostante una pila di denunce; (cambia discorso) la mia vera occasione è stata un’altra. L’ho persa.
Quale?
Colpa di mia madre.
Dica.
Nel concorso di “Miss Teenager” c’era in giuria Alberto Lattuada, che mi fissava; giorni dopo la gara inizia a inviarmi delle lettere, non troppo piacevoli, però parlava di un ruolo da protagonista nel suo film.
E mamma?
Non era contenta, non le piaceva il tono delle lettere, alcune frasi eccessive. Quindi mi ha scoraggiata.
Qual è la colpa di sua madre?
Non poteva spingermi in questo mondo e poi tirarsi indietro per delle lettere non piacevoli. Doveva portarmi sul set e al massimo stare lì e controllare; quella parte è finita a Nastassja Kinski (in Così come sei). Da lì è partita la sua carriera.
E lei?
Se avessi accettato non sarei finita nell’hard; l’hard sarebbe rimasto dentro casa.
Nel cinema ci hanno sempre provato?
Mai. All’inizio non ero troppo appetibile, non ero una femminona.
Femminona, da quando?
Adesso che ne compio 60.
Si divertiva sul set?
Su quelli normali, sì. In quelli hard non sempre.
Basta hard.
Sì, ma gli uomini si approcciano solo al personaggio, alla diva, quindi mi credono affabile, disponibile, pronta a tutto. Invece sono una stronza e non la voglio dare a nessuno.
Zero.
Spesso le persone non capiscono chi ho frequentato nella mia vita, non gente qualunque.
Esempio.
Luciano De Crescenzo: straordinario, ascoltarlo era meglio dell’università; Renzo Arbore: con lui ho avuto una storiella.
Bene.
Ma ho perso un paio di lavori, soprattutto Quelli della notte: ero incinta. Sfiga incredibile.
L’hard ultima spiaggia.
Esatto!
Altri intellettuali.
Francesco Nuti, un geniaccio, fuori dalle righe; aggiungo Beppe Grillo: di lui mi sono innamorata come una pazza e per un nonnulla mi sono salvata.
Da cosa?
Un giorno mi domanda: “Vieni in montagna con me?” “Mi dispiace, non posso, non so sciare”. Per fortuna! È stato quando poi ha avuto l’incidente d’auto mortale (nel quale sono morti i due suoi amici e il figlio degli amici); nella lista ci sono anche Giorgio Faletti e Vittorio Sgarbi; (pausa) ho sempre preferito la testa ai soldi dei miliardari.
Qualche miliardario ci sarà stato...
E li ho pure spellati.
Spietata.
I miliardari hanno sempre cercato di corrompermi; uno di loro, pur di avermi a una festa milanese, mi ha piazzato dieci milioni in tasca.
E lei, lì?
Ce so’ andata.
Altre proposte?
Un altro, un giorno, si lancia: “Prendi la mia carta, compra quello che vuoi”. Ho speso 40 mila euro in vestiti e cazzate.
Di questo benessere ha tenuto qualcosa?
Sperperato tutto, non avevo progettualità. Sono sempre stata una libera.
Dal 2010 si è dichiarata lesbica.
Perché sono mascolina, mi mancano solo le palle. Per questo tutti gli uomini che mi sono stati vicino, a un certo punto, sono caduti nelle lacrime, distrutti psicologicamente. E ogni volta mi sono sentita un mostro.
Quindi?
Ho pensato: vuoi vedere che non sono adatta ai maschi? Soffrono tutti. Eppure mi coccolavano in ogni modo.
Ogni.
Uno di loro mi versava diecimila euro a mese, poi carte di credito senza limiti, più altri benefit. Anche lui piangeva, anche lui devastato.
Insomma.
Forse sono meglio con le donne.
Intuizione giusta?
Per dieci anni fidanzata con la sfera femminile e ho capito che sono peggio degli uomini: gelose, possessive, mi controllavano, mi rompevano le palle.
Si è accapigliata?
Con una sì. E le urlavo: “Adesso ho capito gli uomini!”; (ci pensa) alla fine meglio i maschi: sono generosi.
All’hard come c’è arrivata?
È un grande sbaglio che ha funzionato.
Riproviamo: come c’è arrivata?
Non avevo lavoro, ne parlo al mio agente che mi dice: “Vieni con me”. Usciamo. E mi porta al Diva Futura (locale di Riccardo Schicchi). Entro e resto allibita: “Sono nudi, è porno”. “Aspetta”. “Aspetta, cosa?”
Eh, cosa?
L’offerta: 60 milioni per 10 servizi fotografici. Era il 1989.
Cifra enorme.
E io: “Sono un’attrice seria! Mi occupo di teatro”. Passa più di un anno e alzano la posta: 80 milioni. Io sempre no.
C’è il “fino a quando...”.
Mi fidanzo con Massimo Gatti, miliardario vero, con una società quotata in Borsa: con lui solo yacht, aerei privati, ville. S’innamora e si vuole fidanzare, io stupita e spiantata. “Va bene, ci sto”. E mi sentivo come Julia Roberts in Pretty Woman con tanto di autista privato, jet privato, soldi a sfare.
Un sogno.
In realtà mi aveva comprata. Dopo un po’ abbiamo litigato, ci siamo lasciati e sono tornata spiantata, ’na morta de fame.
Da sbarellare.
A quel punto volevo il lusso; (pausa) nella disperazione, avvolta dagli interrogativi, un giorno incontro Schicchi. Si ferma. Mi guarda. Io capisco, mi arrendo. Lo seguo al Diva Futura e mi propone 500 milioni per 15 mesi di lavoro.
Sul set si è mai schifata?
Avoja.
Di cosa?
Di tutto. Non mi piace il sesso promiscuo davanti a telecamere e fari.
Perfetto.
La settimana prima del debutto sul set, la notte avevo solo incubi.
Il primo giorno.
Arrivo e il regista mi ferma: “Oggi hai Rocco Siffredi”. Io resto zitta. Mi siedo. E lo indica: “È lui”. Rocco era alle prese con un’altra ragazza, in una scena anale clamorosa, con dei ritmi forsennati. Dopo un’ora mi chiamano. “Tocca a te”. A quel punto mi avvicino a Rocco: “Ti avverto: se provi a dedicarmi lo stesso trattamento, il culo lo rompo a te”; (ride) l’ho talmente terrorizzato che si è bloccato.
Com’era Rocco?
Molto giovane, maniaco, lo metteva ovunque.
Verità o leggenda: ha avuto una storia con De Niro.
Verissimo.
Harvey Keitel.
Anche, l’ho raggiunto a Parigi.
Oggi fa solo Onlyfans.
Amo il ruolo di porca virtuale.
Ora sono 60 anni.
E mi sento come una che ha vissuto in maniera spericolata, che si è divertita. Però sono un po’ stanca...
Ha conservato qualcosa del periodo hard.
Nulla, per me appartiene alla gente e non nego di essermi divertita, di aver sviluppato lati di me ignoti.
Lei chi è?
Un’artista prestata all’ hard.