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 2024  ottobre 27 Domenica calendario

I santi che danno nomi alle aziende

La beatitudine è un investimento economico di rara efficacia. Coloro che son riusciti a fare di virtù necessità, una volta beati e poi santificati, hanno aperto piccole aziende in terra che dirigono dall’alto. L’acqua ha i suoi due santi imprenditori, Anna e Benedetto, che danno nome alla ditta e protezione ultraterrena in linfa chiara. La patatina ha avuto Carlo che la finanzia con l’assenso di San Pietro. Il vino ci è andato vicino, ma giovese non è santo e chiamarlo San Giovese è stato solo un tentativo mal riuscito.
Le banche utilizzano San Paolo, protettore di brogli e investimenti, e così tanti altri martiri che, in cambio delle sofferenze della carne, una volta elevati a Pio si son fatti appaltatori sulla terra. E hanno per colleghi i magnati asiatici, quelli europei, quelli americani. Non ho notizia se all’estero i santi vanno così forte nel profitto, ma in Italia la canonizzazione fa attrattiva, la sacralità è aziendale e una buona impresa non prescinde mai dalla copertura trascendente. Possibile che la chiesa non sia insorta contro quest’abominio? Contro la strumentalizzazione di qualcosa che non è mai esistito? Possibile che la religione cattolica non sia stata in grado di custodire l’invenzione? Perché se non c’è Dio, non ci sono santi in Paradiso!
Non c’è l’empireo ma c’è la bugia, che non è perseguibile in assenza di un padre celeste. Aldilà del credere o meno, getta scompiglio nella mente ragionevole un’ipocrisia così lampante: porre a tutela del tornaconto aziendale l’immagine divina di un santo difensore. Le acque non si sono aperte, si sono superate: Andrea, Angelo oligo, Antonio oligo, Cassiano oligo, San Bernardo sorgente roccia viva, Santa Lucia minerale, San Pellegrino oligo, San Benedetto formula zero arricchita, mentre San Francesco, il poveraccio di Assisi, si è fatto banchiere, si è spogliato dei beni e s’è elevato a strozzino. Come San Paolo, che sulla via di Damasco si è piegato all’aggiotaggio. E come i santi alimentari, che proteggono oltre alla patata anche il grissino, l’insaccato e il filoncino. A dire il vero il pane si è affidato agli angeli, di solito in coppia; non è proprio pane, è lievito, serve a far gonfiare ciò che fu spezzato quella sera al cenacolo. È il contrario degli anabolizzanti, che pompano le braccia dell’atleta. Qui si procede a rovescio, s’ingrossa così tanto la mollica che occorrono almeno due paggetti per sollevare la pagnottella rosolata. E così gli angeli si rimboccarono i bicipiti e fecero lo sforzo muscolare. Manca solo il cibo per i cani nell’associazione col santino, quasi che l’animale o l’industria che foraggia, fossero lontani dal concetto beone e mal beato assunto in cielo dal fabbricante dalla mano lunga.
Con le bestie i santi non ci fanno affari, resta un mercato concepito per l’umano, che disarciona la credenza e fa della fede opa in ascendenza. Possiamo azzardare Opaa Pia. Nemmeno la verdura ha mosso l’interesse della diocesi, che distratta dal peccato non vede il buco nero in cui il santo si è infilato. La colpa del credente è non indurre la chiesa a cancellare dai prodotti alimentari, dagli istituti di credito, dagli ospedali, da ogni attrezzo che foraggia economia, il nome dell’eletto. Che se esiste deve far miracoli, non può ridursi a prestanome di un’azienda, deve fare l’amministratore delegato, non può avallare un sistema che minge acqua da ogni fenditura. Fosse distrazione sarei meno scettico, ma è evidente che appioppare al Tavernello il nome del virtuoso in Paradiso alza l’asticella del profitto, l’acquirente acquista la bevanda perché dietro c’è l’emissario del Signore. E qui si manifesta l’imbroglio di apparato: come mai l’acqua non si chiama acqua di Dio o acqua di Cristo? Perché non calare l’asso di briscola sul tavolo da gioco e accontentarsi dei santi processori? È come se una squadra tenesse in panchina il fuoriclasse. Altro che banca San Paolo, chiamala Banca di Dio, oppure Cassa di risparmio di Gesù Cristo, ovvero credito di Nostro Signore. Eppure no, la menzogna non si spinge a tanto, la chiesa è disonesta anche nella bugia suprema. Si mette il santo a tirare la volata del consumatore perché di Dio si ha un rispetto scaramantico.
Ogni tanto la Madonna è stata coinvolta in produzioni di benessere, perché anche lassù c’è un certo maschilismo. Dio no, un santo può essere avvoltoio ma Dio e quello che gli siede a destra non prestano il fianco alla difesa. Lo Spirito rappresenta un’eccezione, si è dato al Banco ribaltando la nomea e s’è tramutato in Banco Santo Spirito. Un compromesso camuffato da inversione. Anche di sopra qualche garbuglio mette radici nei pascoli erbosi.
Il giorno in cui risorgeremo portiamo lo scontrino, o la ricevuta del prelievo: voglio proprio vederlo San Paolo allo sportello.