la Repubblica, 27 ottobre 2024
A casa di Giovanni Minoli
Un giusto Mixer di Giovanni Minoli, per dirla come il suo storico programma. «Una casa che mi somiglia molto, perché l’ho pensata, disegnata. La sento amica, solidale, complice. E mi piace starci da solo». Infatti il citofono lo dice chiaramente: un campanello per lui e uno per la moglie Matilde Bernabei che abita al piano di sopra. Hanno appena festeggiato 50 anni di matrimonio. «Non è un compromesso, ma un modo di misurare il bisogno dell’altro. Potersi permettere di vivere autonomamente è un valore».Fuori il clamore del centro storico, del rione Ponte. E all’interno il silenzio di un chiostro rinascimentale, di un convento annesso auna chiesa, sul cui cortile affacciano alcune finestre del soggiorno. «Peccato e preghiera. Con la vita romana che anima la piazza antistante e sull’altro lato l’eco delle messe e l’odore d’incenso che arrivano fin dentro casa. C’è anche un passaggio, ora chiuso, che anticamente consentiva a un cardinale di raggiungere una principessa che abitava in questo appartamento. Al Padre Eterno ci credo, questa vicinanza mi fa star bene». Ora et labora. Un appartamento che il giornalista definisce garage-studio,con i fari che gli consentono di fare una registrazione tv.Tutto parla dei suoi programmi, delle sue direzioni a Rai2, Rai3, Rai Educational, Rai Storia, dei suoi celebri faccia a faccia. Sul tavolino davanti al divano c’è il premio che considera il pezzo più importante della casa: «È l’Oscar mondiale per il miglior progetto di divulgazione storica, ricevuto nel 2012 per La storia siamo noi». Come fosse l’abbraccio di quel programma, una delle camere da letto è tappezzata con i dvd delle sue puntate. Una foto particolarmente cara riporta la scritta «La tua storia siamo anche noi» con tutta la squadra di professionisti che hanno lavorato al programma. Sulle mensole della libreria anche la targa per la cittadinanza onoraria di Napoli, ricevuta per Un posto al sole: la serie italiana più longeva, lanciata da Giovanni Minoli nel ’96, di cui c’è la foto del primo giorno di riprese. «Quando sono a casa la vedo sempre, con un misto di piacere e nostalgia. Sono orgoglioso che grazie a quella fiction abbiasalvato il centro napoletano di produzione Rai. Sono incuriosito dai nuovi programmi che insieme ai tg vedo rigorosamente sul televisore che è anche ai piedi del letto, non certo sul computer. Così come libri e quotidiani li leggo solo su carta. Ritaglio articoli, consulto vecchi libri: I promessi sposi li avrò letti tre volte. Cammino anche 10 chilometri al giorno. Se piove uso il tapis roulant nel salotto. E vadoa piedi agli studi Rai dove realizziamo La storia siamo noi». Ama il ristorante e non gli piace cucinare: «So fare al massimo un uovo. Adoro il prosciutto cotto tagliato finissimo». Che infatti è nel frigo, insieme a zuppe pronte e succhi di frutta. Le cene con gli amici si organizzano a casa della moglie, presidente onorario Lux Vide; per vedere la tv è lei a scendere da lui. «Niente più passaggio segreto: attraversiamo la scala nel chiostro». A Roma vive ormai da 50 anni, eppure la sua città resta Torino: «Continuo a sentirmi un emigrante». Filicudi è l’altro luogo dell’anima, presente in tante foto, come quella in cui Minoli accompagna la figlia Giulia in sella a un asino nel giorno del matrimonio. Nel salotto campeggia un’opera sull’emancipazione femminile che infatti si chiama Freedom. Tra gli elementi di arredo di cui va fiero, pur non ritenendosi un feticista, la lampada in vetro fatta realizzare a Murano, il tavolo in cuoio per le riunioni di lavoro, protetto da un panno bianco affinché non si rovini. Ama l’acciaio, perché forte e duttile, con cui ha fatto rivestire la porta bordeaux che separa il soggiorno dalla zona notte e le arcate sul soffitto, in parte ricoperto di mattoncini e in parte a cassettoni. Gli piacciono le cose spagliate, le sedie una diversa dall’altra: «Perché la vita così è più fantasiosa. Vivo qui da una trentina d’anni, ma potrei abitare ovunque, non ho un’appartenenza ai luoghi, sono piuttosto un animale randagio. Vengo da una famiglia con otto fratelli, proprio come quella di mia moglie. Forse per questo amo la solitudine, trascorrere le giornate in casa. Un appartamento ordinato e disordinato al tempo stesso. E quando non trovo qualcosa, il piacere è anche nel cercarla».