la Repubblica, 27 ottobre 2024
Il caso di MeToo che non ti aspetti
Metti uno che ha fondato il primo partito politico che usa il femminile sovraesteso per definirsi, acompensazione della millenaria sopraffazione lessicale: Unidas Podemos, unite possiamo tutte, maschi compresi. Uno che è cresciuto negli scout, si è laureato alla Complutense di Madrid, la più prestigiosa e selettiva delle Università, con tesi di critica alle egemonie e studio delle identità. Sì, le identità quando ancora – fine anni Novanta – il tema non era quel terreno minato di suscettibilità, quel ginepraio di sigle entrato oggi nel linguaggio e nell’ossessione comune.Un visionario, diciamo: un precursore della lotta al patriarcato capitalista cisgender. Metti di averlo incontrato nei sit-in nelle battaglie per il diritto alla casa, di averci dormito accanto in sacco a pelo e all’addiaccio nelle prime assemblee degli Indignados, gli indignati, o di aver seguito una sua lezione, invitato come visiting professor in una università del Nord o Sudamerica a parlare di cambiamento climatico.Ecco. In principio da uno così non ti aspetti che ti spinga sul letto, che chiuda la porta a chiave e che per quanto tu gli dica che cosa stai facendo sguaini la prova evidente del suo genere, in questo caso maschile, con la non benvenuta intenzione di condividerla. Difatti nella denuncia per aggressione sessuale la vittima ha messo a verbale questo squarcio di conversazione: “Gli ho detto mi sembra incredibile che mi stia succedendo questo proprio con te”. Poi, chiamandolo per nome, gli ha detto “Ricordi? Solo sì è sì”, rammentandogli lo slogan del suddetto partito femminile sovraesteso, quello appunto da lui co-fondato.Lo scandalo sessuale che ha portato alle dimissioni di Inigo Errejón, fino a giovedì scorso deputato e portavoce di Sumar, forza politica a sinistra del Psoe che esprime tra l’altro la vicepresidente del governo spagnolo, Yolanda Diaz, non è solo un disastro per la sinistra, la probabile pietra tombale della presunta superiorità etica della medesima e una festa di nozze per la destra. Questo va da sé. Immaginate i sobri titoli dei giornali di opposizione. Il MeToo dentro casa loro, la sinistra ipocrita, eccetera. Certo. Il risvolto politico è grave: rischia il governo di Pedro Sanchez, di cui Sumar fa parte (Sumar nasce, in imprecisa sintesi, da una costola di Podemos che a sua volta nasce dal movimento degli Indignados: la sinistra-sinistra, anti casta e antisistema). Rischia Sumar, perché c’è il sospetto fondato che molti sapessero e lo abbiano coperto. “La voce girava da tempo”, ha detto Pablo Iglesias con lui cofondatore di Podemos – i due si sono poi scontrati e divisi. L’ assistente di Errejón, Loreto Arenillas, è stata ieri licenziata dal partito: è accusata di averlo protetto e di aver tentato di mediare con le aggredite. Che sono non una ma molte, una dozzina.Ma c’è dell’altro, in questa storia.C’è quello che un altro titolo di giornale chiama “il mostro che non ti aspetti”. Quello che a Errejon ha detto quel giorno Elisa Mouliaá, presentatrice tv (“incredibile che proprio con te”), quello che tutte le zie e le nonne del mondo hanno sempre raccomandato alle bambine: guardati soprattutto dai ragazzi di buona famiglia. Ma anche dai parenti e talvolta dai parroci, da quelli che sembrano gentili e innocui e invece. Perché gli altri, quelli che sembrano pericolosi, li riconosci.Questi no. Vale sempre. Per il compagno di studi che progetta minuziosamente il tuo omicidio, per il figlio degli amici dei tuoi con cui hai per anni passato il Natale. Il grande avvertimento – nessuno è quello che sembra – è tuttavia costantemente disatteso. Del resto si sa che i consigli non servono, ciascuno può solo imparare a sue spese.In questo caso c’è di più un’epica pubblica sulla quale Errejón ha edificato la reputazione e la carriera: enfant prodige della sinistra radicale, a trent’anni leader di partito e deputato, paladino di battaglie progressiste.Nel dimettersi ha scritto un messaggio affidato ai social in cui parla con certa fumosità di “strutture affettive”, “soggettività tossica”, dice di “essere arrivato al limite di contraddizione fra persona e personaggio”. Accenna a un “processo femminista”, per uno come lui un vero testacoda. Il suo entourage ha fatto filtrare, come si dice in questi casi, che fosse da tempo in cura per varie dipendenze tra cui quella dal sesso. Cosa che non giustificherebbe in ogni caso la porta chiusa a chiave, la sopraffazione fisica. Ci sarà un processo, più d’uno, probabilmente una crisi politica. Intanto. Meditare qualche momento sulla raccomandazione di tutte le nonne e zie. È lì dove non te lo aspetti, dove non sembra, il guasto. È da chi si presenta come integerrimo che arriva il pericolo. Non sempre, certo, ma spesso.