Corriere della Sera, 27 ottobre 2024
Intervista alla psicologa della famiglia Cecchettin
Dottoressa Gabriella Marano, lei è la psicologa della famiglia Cecchettin. Venerdì era in aula a seguire l’interrogatorio di Filippo Turetta e ha letto il suo memoriale. Che idea si è fatta?
«Sicuramente Turetta ha dei tratti di personalità immatura, disfunzionale, narcisistica e ossessiva. È insicuro, egocentrico, mancante di empatia. Il disagio psichico c’è ma aveva comunque una vita sociale sufficientemente adeguata. Ce lo racconta lui stesso nel suo memoriale: non ha mai avuto problemi a scuola, ha frequentato il liceo scientifico dove è uscito con 98, faceva pallavolo, frequentava l’università, aveva due amici in paese, faceva vacanze con i cugini».
Che cosa pensa della mancata richiesta di perizia psichiatrica?
«Non siamo di fronte a una personalità compromessa a tal punto tale da non rendersi conto di quello che faceva. Detta in termini legali è chiaro: era perfettamente in grado di intendere e volere, e quindi trovo giusto che non sia stata richiesta».
Qualcuno l’ha trovato bugiardo, lei?
«Beh, è agli atti. Nel primo interrogatorio dello scorso anno diceva che lo scotch gli serviva per il papiro di Giulia e ora dice che sarebbe servito per immobilizzarla. I coltelli li giustificava con l’intenzione di suicidarsi e nel memoriale dice che sarebbero serviti per aggredire Giulia. Con i coltelli, peraltro, non si aggredisce, si uccide. Il prelievo bancomat: disse che lo aveva fatto per lo shopping e ora vien fuori che l’ha fatto perché se si fosse fermato a un bancomat sarebbe stato tracciato. Aveva mentito e ha cambiato versione solo dopo che gli inquirenti hanno trovato la nota con la lista di oggetti che voleva prendere per rapirla e ucciderla».
Ma ha ammesso un delitto atroce e in parte anche la premeditazione, più di così…
«Sì, certo, e devo dire che questo mi ha anche un po’ sorpreso. Diciamo che è l’uomo dalle verità progressive. L’ha fatto comunque guardandosi bene dal fare dichiarazioni che potessero pesare sulle aggravanti contestate e che possono costargli l’ergastolo. Mi è parso che ricordasse perfettamente molti particolari tranne quelli che riguardavano la crudeltà, lo stalking e la premeditazione».
Cioè?
«Ha detto tanti “non ricordo” sulle coltellate inferte e si è ben guardato dal dire che il pensiero di ucciderla è stato costante negli ultimi giorni. Mi sa tanto di strategia processuale, perché se viene a mancare l’elemento continuità potrebbe starci qualcosa di diverso dalla premeditazione che invece c’è tutta, anche se condizionata da un eventuale sì di Giulia a tornare con lui».
Ha dato l’impressione che non gli interessasse la pena: «Voglio solo espiare la mia colpa». Un ravvedimento c’è, non crede?
«È evidente che puntano sulle attenuanti generiche, la condotta virtuosa, il buon comportamento processuale, la confessione, l’incensuratezza».
Di se stesso dice di essersi sempre sentito indesiderato, inadatto... mai una ragazza prima di Giulia, timido e senza sogni.
«In questo è stato sincero anche se, ripeto, aveva una sua vita sociale. Con Giulia gli è sembrato di volare e non ha accettato il distacco. Anche per lei Filippo era il primo fidanzato».
Non si è scusato con la famiglia Cecchettin, anche se dalla memoria emerge un pentimento. Come la vede?
«Turetta non può chiedere scusa perché non c’è un pentimento autentico, non per il fatto, come dice lui, che sarebbe ridicolo e fuori luogo. Il pentimento non nasce così, all’improvviso, dopo un omicidio di questa portata. E il fatto che non ci sia autenticità ce l’ha dimostrato ieri con tutti quei “non so”».