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 2024  ottobre 27 Domenica calendario

Turetta in Germania cercava sul web notizie su di sé

Venezia – «All’inizio non sapevo se i miei genitori sarebbero venuti a trovarmi e avrebbero mantenuto i contatti dopo quello che avevo fatto e questo ovviamente mi pesava e mi metteva molto in ansia. Poi li ho visti, non è stato facile. Erano ovviamente scossi e scioccati emotivamente, non riuscivano ad accettare la cosa e a capirla razionalmente... e questo senza pensare che ci potesse essere una sorta di premeditazione...».
Alcune cose Filippo Turetta non le aveva dette ai suoi genitori e tantomeno agli inquirenti. Una su tutte, sintetizzata ieri sul banco degli imputati con una fucilata: «Avevo pensato di rapire e uccidere Giulia». Ma aveva lasciato una traccia indelebile di questo suo nero proposito e sapeva bene che prima o poi sarebbe emerso dalle indagini. Si tratta della nota scritta nel cellulare in cui faceva l’elenco del materiale che gli serviva per mettere in atto il suo piano: «Cartina geografica... scotch... coltelli, sacchi di immondizia..., badile, silenziarla puntando coltello, calzino umido in bocca...». Il suo timore nasceva da una considerazione: «Mio padre e mia madre dicevano che tutto era successo perché in quei momenti all’improvviso non mi ero controllato e avevo avuto dei momenti di follia. Erano molto sofferenti e questo (della premeditazione, ndr) sembrava il limite che non sarebbero riusciti a superare per comportarsi allo stesso modo con me». Analoga situazione con le altre persone che l’avevano accettato dopo l’atroce delitto: «Gli altri detenuti, il personale del carcere (di Verona, ndr), i parenti... Ho fatto qualcosa di terribile e ingiustissimo e nonostante questo con mia grandissima sorpresa ed incredulità tutte queste persone avevano tenuto un atteggiamento “neutrale” o addirittura di comprensione». Nessuna emarginazione, mai un insulto, una minaccia. «Non giudicavano, pensando fosse accaduto all’improvviso... ho sempre temuto che mettendo in dubbio la questione della premeditazione non sarebbe stato così... volevo dirlo ai miei genitori per fare in modo che lo dicessero all’avvocato e successivamente agli inquirenti». È successo invece che gli investigatori lo hanno anticipato, trovando quella nota. E così ha dovuto giustificarsi: «Ammetto di non aver detto tutta la verità nell’interrogatorio, mi dispiace, non volevo prendere in giro nessuno».
Intorno al riconoscimento della premeditazione ruota il processo in corso davanti alla Corte d’Assise di Venezia e avrà un peso decisivo sulla pena. In ballo c’è l’ergastolo.
Ma al di là della condanna, Turetta sembra essere sempre preoccupato delle reazioni di chi gli sta vicino. Dalle carte dell’indagine emerge che il giorno prima del suo arresto in Germania aveva fatto una serie ricerche online per capire cosa gli sarebbe successo. Risulta dall’analisi del suo cellulare. «Cosa faresti se tuo figlio ti confessasse un omicidio?». «Violenze nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e la vittima al gup: io picchiato per 20 giorni». «Accusato di femminicidio, suicida in carcare». «Femminicidio compagno fa scena muta davanti al giudice». Sono queste solo alcune chiavi di ricerca da lui usate poche ore prima di venire arrestato sull’autostrada Berlino-Monaco. «La cronologia della navigazione web registrata dal suo cloud rivela inoltre che era a conoscenza di tutte le fasi dell’indagine...», precisano i carabinieri. Hanno trovato una trentina di accessi nella sola giornata del 18 novembre. Fra gli articoli di giornale letti dal fuggitivo Turetta quelli che riportavano l’appello dei suoi genitori: «Consegnati e spiega cos’è successo». Ha poi iniziato a cercare: «Numero polizia italiana all’estero». Precisano gli investigatori: «Alle ore 22.32 nello smartphone ha fatto infine tre tentativi di telefonate in uscita dirette al numero di emergenza 118».
La mattina del giorno dopo verrà fermato dalla polizia tedesca, stremato, ai bordi dell’autostrada.