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 2024  ottobre 27 Domenica calendario

L’Antitrust usa blocca il «monopolio delle borsette»

L’Antitrust statunitense blocca il «monopolio delle borsette» e rimette in gioco la proprietà di Versace. La corte di New York ha accolto il ricorso della Federal Trade Commission, l’autorità della concorrenza Usa, congelando l’aggregazione fra Tapestry e Capri Holdings. L’unione dei loro marchi —Coach, Kate Spade, Stuart Weitzman, Michael Kors, Jimmy Choo e appunto Versace – avrebbe creato un gruppo con una quota del 59% nel mercato delle borse di lusso «accessibile», quelle con una fascia di prezzo fra 100 e 1000 dollari.
A parere della Ftc, questa concentrazione avrebbe portato a prezzi più alti per i consumatori, ridotto le tutele per i dipendenti e la qualità dei prodotti. La tesi è stata accolta dalla corte che, per la prima volta, ha applicato le normative antitrust alla moda, un settore che non era mai entrato nell’orbita delle normative sulla concorrenza. «Sminuire l’importanza delle borsette» trascura il fatto che questi accessori «sono rilevanti per molte donne, non solo per esprimere la loro personalità ma anche per aiutarle nella loro vita di tutti i giorni», ha scritto la giudice Jennifer Rochon.
Tapestry ha subito annunciato ricorso contro il provvedimento, sottolineando che l’industria del lusso è molto competitiva e ricca di marchi concorrenti. Il mercato sembra però convinto che l’aggregazione con Capri sia ormai destinata a finire in archivio, a meno che i due gruppi non offrano un rimedio dell’ultima ora (si è parlato della vendita di Stuart Weitzman). Il tempo a disposizione non è però molto: in base ai contratti, l’operazione deve chiudersi entro febbraio del 2025. Altrimenti, Tapestry e Capri Holdings saranno sollevati dai reciproci obblighi contrattuali. Qualora l’affare dovesse davvero saltare, gli investitori hanno già deciso chi ha più da guadagnare e chi più da perdere. Dopo la pubblicazione della sentenza, Tapestry ha guadagnato il 13,5% a Wall Street, mente Capri Holdings è crollata del 49%, scivolando a 2,5 miliardi di capitalizzazione. Il tracollo di Borsa potrebbe accelerare la ricerca di un piano B da parte del gruppo che potrebbe tornare a valutare la valorizzazione di Versace. Secondo più fonti di mercato e di settore, in vista della fusione con Tapestry, Capri Holdings aveva già iniziato a valutare più opzioni strategiche per Versace, inclusa la cessione. Il nuovo gruppo si sarebbe infatti concentrato sul lusso di fascia media, un target di consumatori diverso rispetto a quello di Versace. L’opzione resterebbe però sul tavolo anche nel caso di uno stop definitivo all’aggregazione e, forse, a maggior ragione perché Capri Holdings dovrebbe dare un segnale di rilancio al mercato. Prima dell’accordo con Tapestry, del resto, Capri aveva già considerato la vendita o la quotazione di Versace e Jimmy Choo. E aveva anche incontrato due investitori: secondo i rumours, mai smentiti, si trattava di Exor e Kering.
Capri Holdings aveva acquistato Versace nel 2019 dalla famiglia Versace e dal fondo Blackstone, pagando 1,83 miliardi di euro. Da allora il marchio è cresciuto fino 1,1 miliardi di dollari di ricavi nel 2023. Con il rallentamento del lusso hanno frenato i risultati che fra aprile e giugno di quest’anno ha visto i ricavi scendere del 15,4% a 219 milioni di dollari con una perdita operativa di 17 milioni. L’occasione per fare un punto sarà il 7 novembre quando Capri presenterà i dati del terzo trimestre. Intanto, il mercato ragiona sui possibili sviluppi. «Ci potrebbe essere interesse per Versace da parte di conglomerati europei del lusso come Kering che ha di recente rilevato il 30% di Valentino», ha scritto Oliver Chen, analista di TD Securities. «Jimmy Choo e Michael Kors potrebbero invece essere tolti dalla Borsa con il sostengo del private equity».