Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 26 Sabato calendario

Myanmar, l’orrore delle decapitazioni

Mentre in buona parte del Paese le truppe governative sono sulla difensiva (nonostante il supporto in munizioni e carburanti per aerei della Russia che nei giorni scorsi ha condotto manovre navali congiunte con la flotta birmana), il conflitto interno in Myanmar registra nuovi vertici di orrore. Nel tentativo di piegare la resistenza nella regione di Sagaing, dove il contrasto alla giunta militare guidata dal generale Min Aung Hlain è condotto soprattutto dalle Forze di autodifesa popolare coordinate dal governo che agisce in clandestinità guidato dalla Lega nazionale per la democrazia di Augn San Suu Kyi, le truppe stanno uccidendo e decapitan-do civili, mostrandone poi i resti su pali come monito alla popolazione. Particolarmente colpita la municipalità di Budalin, dove – come segnalano fonti della resistenza – almeno 25 residenti sarebbero stati brutalmente uccisi nelle ultime due settimane e, come se non bastasse, sette villaggi sono stati bombardati e incendiati dai soldati. Informazioni queste convalidati dalla testimonianza di cattolici locali.
Combattimenti pesanti sono in corso nel Sud del Paese e nello Stato occidentale di Arakan (Rakhine), ma ad essere sotto pressione è tornata a essere l’area al confine con la Thailandia. Le fonti indicano come vadano chiudendosi al traffico merci gli abituali varchi frontalieri e gli automezzi devono cercare vie alternative, in aree con infrastrutture insufficienti per il traffico pesante. Allo stesso tempo cresce il numero dei profughi in fuga verso il Paese confinante che, se non ha apertamente condannato il regime birmano, guarda con preoccupazione alla situazione per timore di un afflusso incontrollato di profughi. Nello Stato Shan settentrionale, droni sono caduti su un parcheggio per camion a ridosso del confine cinese distruggendo un centinaio di automezzi.
Più a Nord, sempre presso la frontiera con la Repubblica popolare cinese, l’Esercito per l’indipendenza del Kachin ha strappato al controllo di una milizia locale fedele al regime, la città di Pangwa.
Il sostanziale silenzio di Pechino farebbe pensare a trattative in corso con i comandi delle milizie etniche, ma la situazione è confusa, come pure è incerto il ruolo cinese negli eventi che hanno riportato il Myanmar, sempre più in orbita Brics, sotto il controllo militare, provocando questa volta una sollevazione quasi generale. Pechino chiede ora la fine dei combattimenti ma sembra giocare su due tavoli, cercando anzitutto di tutelare i propri interessi energetici, commerciali e strategici.