La Stampa, 26 ottobre 2024
In Georgia un’occupazione silenziosa dello zar
Una mattina come tante la contadina georgiana Valia Vanishvili si è svegliata prima del solito con una strana sensazione. Ha aperto la porta di casa, nel villaggio di Khurvaleti, e ha scoperto che nella notte era stata inghiottita dalla Russia. Lei, il marito, le galline, l’orto, il frutteto, l’albero di melograno, la cuccia del cane, tutto era diventato russo. Nella notte i soldati avevano spostato il confine che divide l’Ossezia del Sud occupata e la Georgia, mangiandosi altra terra e innalzando una barriera di filo spinato con un cartello: «Confine di Stato, passaggio vietato». Dal 2020 Valia, che ha da poco compiuto 89 anni, vive grazie ai pacchi di cibo e medicinali che la guardia di frontiera georgiana e la figlia Nana, che vive a Tbilisi, le lanciano oltre il muro. Lei ormai esce poco, parla con un filo di voce dalla finestra, perché, dice «i russi sono nervosi». È vero: basta avvicinarsi troppo alla barriera che dal nulla spuntano soldati in mimetica, passamontagna e mostrine russe, il fucile puntato direttamente alla faccia.Nei 26 villaggi georgiani lungo la linea di demarcazione, tra cui Khurvaleti, l’occupazione russa avanza di qualche metro alla volta, nel cuore della notte, sempre in silenzio. Spesso inizia con una linea tracciata attraverso un campo, nastri sugli alberi che stabiliscono il confine, poi si scavano i fossati, i fossati diventano recinti, i recinti barriere di filo spinato. Quindi si materializza un cartello che sancisce il nuovo “confine” e torrette di guardia. I georgiani la chiamano «occupazione strisciante» e non in senso metaforico.Khurvaleti si trova al limite meridionale dell’Ossezia del Sud, regione separatista occupata dalle truppe russe dopo la “guerra dei cinque giorni” con la Georgia nel 2008, in quella che si è rivelata una prova generale per l’Ucraina. Da allora, quando i carri armati di Vladimir Putin entrarono nel Paese, i soldati russi hanno lentamente e silenziosamente invaso i territori dei loro vicini, spostando le linee di demarcazione militarizzate sempre più in profondità nel territorio georgiano. Valia Vanishvili, è una delle poche persone che continuano a vivere qui. Suo marito, Data, è morto nel 2021 e le ha lasciato un testamento in cui le chiedeva di non lasciare la casa. Valia resiste anche per lui: «Non possono uccidermi, e allora aspettano che muoia per prendersi la mia terra». Ogni tanto qualche georgiano sparisce nel nulla, qualcuno viene ucciso, come Tamaz Ginturi, del villaggio di Kirbali, che voleva solo pregare nella sua chiesa, poco fuori il villaggio, assorbita anche lei dall’occupazione in una notte come tante altre. Il 6 novembre le truppe russe lo hanno arrestato e poi gli hanno sparato. «Queste sono le persone più coraggiose della Georgia», ha detto ieri la presidente filoeuropeista Salome Zourabichvili, riferendosi a tutti i georgiani che si rifiutano di abbandonare terra e case per resistere all’avanzata russa. La vita, per loro e per Valia, è sempre più difficile: il punto di attraversamento più vicino è a 50 chilometri, ed è aperto 10 giorni al mese o secondo il capriccio degli occupanti. Una visita a un parente dall’altra parte della linea di demarcazione è un viaggio di andata e ritorno di 200 chilometri.Un tempo un villaggio densamente popolato, Khurvaleti è ora quasi deserto. La maggior parte delle case sono abbandonate, le finestre murate, le porte oscillano appese a cardini precari. Chi poteva se n’è andato: «Questo posto era pieno di gente», dice il poliziotto della guardia di frontiera, senza togliere gli occhi da un gabbiotto azzurro a 10 metri dalla casa di Valia: «Lì stanno i soldati russi e quelli dell’Fsb». Avverte di non stare troppo vicino alla barriera, e chiede a Valia di non uscire di casa: non potrebbe comunque, perché senza forze e malata: «Dopo l’invasione dell’Ucraina, Mosca ha spostato truppe ed equipaggiamento al fronte, ma quelli rimasti sono più nervosi». Ci sono pochi soldati nelle due basi militari costruite sulle colline su entrambi i lati di Khurvaleti, ma i georgiani temono che se la Russia dovesse vincere in Ucraina, le forze di Putin torneranno per dare un altro morso alla Georgia, forse per inghiottire l’intero Paese. «La Russia è già qui – dice l’agente –, controlla Ossezia del Sud e Abkhazia, un quinto del nostro territorio».Per questo, e per l’atmosfera incandescente e violenta del Paese, le elezioni in programma oggi, rappresentano una scelta che non prevede scale di grigi tra il governo in carica che tira verso Mosca e le opposizioni, che provano a orientare la barra verso l’Unione europea, in linea con il desiderio dell’80% dei georgiani. «Quelli rimasti sulla linea di demarcazione – spiega Ketevan, vicina di casa di Valia, ma ancora dalla parte georgiana del filo spinato – sono ormai vecchissimi come noi. Non resisteremo a lungo». Ricorda ancora i separatisti, i carri russi nel 2008, il periodo sovietico, la fame: «Siamo nelle mani dei giovani, della loro forza nuova: noi cosa possiamo fare se non continuare a coltivare la terra e aspettare?».Gli analisti militari hanno stimato che se i russi attaccassero dall’Ossezia del Sud, potrebbero tagliare la principale autostrada della Georgia in pochi minuti e raggiungere Tbilisi in un paio d’ore. Con le truppe di Mosca impantanate in Ucraina, tuttavia, la comparsa di carri armati russi nelle strade della capitale non è una minaccia immediata: «Il punto è che la Russia stia già prendendo il controllo del nostro Paese di nascosto – dice un militare georgiano – rubandoci la terra e la democrazia da sotto il naso senza nemmeno bisogno di carri armati». —