La Stampa, 26 ottobre 2024
Conte, la volte e il leone Grillo
Nonostante io non nutra una grande ammirazione per Giuseppe Conte, devo confessare che mi affascina moltissimo, e continuo ad avere davanti a me la scena del suo primo discorso parlamentare. Era il Signor Nessuno baciato dalla sorte: issato da Salvini e Di Maio alla presidenza del Consiglio, da dove i due contavano di comandarlo come una marionetta. Era in piedi, i ragazzacci seduti ai suoi fianchi, e in una pausa si scostò ma non abbastanza dal microfono e chiese timidamente a Di Maio: questo lo posso leggere? No, rispose Di Maio, senza quasi fargli concludere la domanda. Guardate il video e guardateli i ragazzacci: sono compresi da sé stessi come Napoleone ad Austerlitz. Tempo un anno e, fondato il governo giallorosso, Salvini verrà fatto fuori. L’autunno di Di Maio sarà più lungo ma inesorabilmente avviato all’inverno. Poco a poco, Conte si è preso anche il Movimento, tirando giù un birillo alla volta, il birillo Bonafede, il birillo Fico, il birillo Toninelli. Tutti protagonisti di una sola commedia, e tutti subito sul viale del tramonto. Soltanto Conte resta ancora lì, giusto un po’ più altezzoso, e del resto come si scampa all’alterigia dopo essersi impossessati della casa in cui si fu camerieri, e dopo aver scaraventato fuori anche il fondatore, l’ex idolo, l’ex sire, l’ex padreterno, ovvero Beppe Grillo? Che storia magnifica: non ricordo nessuno tanto sottovalutato, e da così tanti, e che altrettanti si è messo in tasca. E adesso aspetto di vedere quale sarà il prossimo pollo che, credendosi aquila, finirà in bocca a questa volpe, convincendola una volta ancora d’essere un leone.