Libero, 26 ottobre 2024
Operazione d’avanguardia per evitare la cecità a neonato
Si potrebbe dire che abbia del miracolo, però è un’altra cosa. È scienza. È ricerca applicata. È quella medicina innovativa, a metà tra la sala operatoria e l’aula di informatica, che ci assolve da tutti i mali perché ci salva (letteralmente) la pelle: e sì, rende possibili interventi (mai successi prima, in nessun luogo del mondo) che fino all’altro ieri sembravano pura utopia. Un bimbo di appena quaranta giorni che rischia la cecità totale. Un gruppo di medici che non si dà per vinto. Un’operazione, delicatissima, eseguita attraverso la visualizzazione in 3d: e quel lieto fine che sembra un prodigio, sembra quasi magia, portento; invece è la caparbietà della chirurgia che lo salva dal “buio” regalandogli la possibilità più colorata di tutte. Quella di vedere come tutti gli altri.
Torino. L’ospedale delle Molinette della Città della Salute. Reparto di Oculistica. Sorridono tutti, il giorno dopo. Sorride il professore Michele Reibaldi con il suo aiuto Matteo Scaramuzzi, loro hanno eseguito materialmente l’intervento; sorride il collega Roberto Balagna che dirige l’équipe di Anestesia e rianimazione assieme alla sua omologa (per il polo pediatrico infantile Regina Margherita) Simona Quaglia; ma soprattutto sorride lui, quel fagottino nato a metà settembre che non si sarà accorto di nulla e che, però, per lui davvero, è cambiata ogni cosa.
Aveva una cataratta congenita associata a una rarissima e grave patologia dalla parte posteriore dell’occhio, questo piccolissimo che in altri tempi sarebbe (purtroppo) stato destinato a non vedere più nulla. In poche parole lo sviluppo anatomico dei suoi occhietti era incompleto: un problema che lì per lì, subito dopo la sala parto, non si era manifestato, ma che in appena qualche giorno aveva cominciato a notarsi con un anomalo riflesso bianco in corrispondenza della pupilla (cioè quella che i dottori chiamano una “leucocoria”).
Che cosa significasse, quel microscopico “lampo” che in Neonatologia non si sono fatti scappare, loro, i camici bianchi, lo sapevano benissimo. E per fortuna. Perché solo così (la medicina è avanguardia, certo, ma è anche tempismo: e se c’è una lezione che ci ha impartito il Covid è esattamente questa) sono stati in grado di intervenire. Non una passeggiata, semmai una corsa studiata ma contro il tempo: perché era tutto questione di dì, nei primi giorni di vita del bimbo non si poteva far nulla perché il paziente era troppo piccolo, non si poteva tuttavia nemmeno aspettare molto, oltre le sei o le sette settimane, perché allora l’opacità nei suoi occhi sarebbe stata totale e la cecità assoluta (e persino irreversibile: che vuol dire che un’operazione da adulto era fuori discussione).
È stato, quello di questo bambino per cui continuiamo a fare il tifo, il primo caso al mondo di “vitrectomia bilaterale associata alla chirurga per la cataratta congenita su un neonato” (ché basterebbe questo ma c’è di più, perché il tutto è stato seguito con un sistema di visualizzazione in 3d – le mani sul bisturi e gli occhi a uno schermo - che permette a chi opera una percezione della profondità molto più accurata rispetto ai tradizionali microscopi).
Ora, terminata con successo l’operazione, il piccolo sarà sottoposto a un rigoroso monitoraggio post-operatorio che dovrà valutare la risposta dei suoi occhi alla chirurgia in modo da garantirgli il recupero visivo migliore possibile nelle sue condizioni. «La tempestività dell’intervento e la competenza degli specialisti di tutti gli ospedali della Città della Salute», dice, adesso, l’assessore regionale alla Sanità piemontese Federico Riboldi (Fdi), «sono state determinanti per offrire a questo neonato una possibilità concerta di vedere la bellezza del mondo attorno a sé».
«Questo intervento rappresenta un esempio significativo dei progressi della chirurgia oculistica e di come l’utilizzo delle innovazioni tecnologiche alla Città della Salute di Torino permettano di affrontare i casi più complessi, fino a poco tempo fa ritenuti non trattabili, come qui», aggiunge, invece, Giovanni La Valle che è il direttore generale della stessa struttura torinese: «I nostri professionisti, in un intervento senza precedenti, hanno dato nuove speranze di vista a un piccolo neonato».