la Repubblica, 26 ottobre 2024
Intervista a Formigli sulle offese di Corsini
«Se uno come Paolo Corsini resta al suo posto è un problema della Rai, non per La7. Anzi per noi è pure un vantaggio». Corrado Formigli, «l’infame» secondo il grazioso appellativo affibbiatogli in favor di telecamere, è ancora incredulo. E adesso si aspetta le scuse dei vertici del servizio pubblico.Ma ha capito perché Corsini ha reagito in quel modo?«Francamente no. Io non ho il piacere di conoscerlo, non ci siamo mai parlati, né l’ho mai insultato. L’unica volta che me ne sono occupato è quando abbiamo mandato in onda lo spezzone in cui da capo degli Approfondimenti Rai è salito sul palco di Atreju e si è definito militante di FdI. Chiedendo se sia giusto che un alto dirigente della tv di Stato che si occupa dell’informazione pubblica dichiari la sua fede politica in modo tanto sfacciato e plateale».Corsini è vicino a Meloni, i rapporti tra lei e la premier sono tesi: può essere questo il motivo?«Il veto di Meloni suPiazzapulita non è un mistero: sono anni che leideclina i nostri inviti e da un po’ impedisce anche ai suoi esponenti di partito di partecipare. Ci sta che qualcuno sia più realista del re e pensi, offendendoci, di farle un favore. In fondo è successo anche alla Gnam per la festa del Tempo: gli unicidue giornalisti tenuti fuori, anche se accreditati, sono stati i nostri».Per la destra «infame» equivale a dire traditore...«Io credo che la cosa sia molto più semplice, che la reazione di Corsini sia dovuta al grande nervosismo generato dalla lunga serie di flop che ha collezionato. Non ne azzecca una. Detto questo, ho trovato l’insulto gratuito e fuori luogo. Mi domando che cosa pensa di fare la Rai».Cosa dovrebbe fare?«Mi aspetto che prenda le distanze, in qualche maniera si scusi, la Rai è un’azienda di tutti, me compreso. Mi aspetto che dica qualcosa, non faccia finta di niente».E prenda provvedimenti?«C’è un libro scritto da Massimo Arcangeli in cui sono riportati alcuni post scritti da Corsini su Fb. In uno, del 9 ottobre 2012, cita Mussolini: “Il giornale per noi è un partito, una bandiera, un’anima”. Per me va bene che uno abbia queste idee, ma non dovrebbe dirigere i talk del servizio pubblico».