Corriere della Sera, 25 ottobre 2024
Giuli, tra dimissioni e aborigeni
Entrano nella stanza di Fazzolari senza bussare. «Fazzo, hai saputo? Quello fa sul serio, vuole dimettersi». Il potente sottosegretario resta in silenzio. Uno che sta per dimettersi non va alla presentazione della storica rivista «La Biennale di Venezia» dicendo: «Siamo figli del terremoto, ma siamo anche figli dell’acqua, siamo aborigeni perché siamo aberrigeni…», come un Corrado Guzzanti dei bei tempi. Al massimo, sta continuando a sfotterti. Fa il furbetto?Giuli è ormai entrato, non si capisce bene se rassegnato o eccitato, di certo disinvolto nella sua postura curiale, con la nota voce soffiata, dentro il personaggio di Giuli: il ministro della Cultura (e già) assediato dai Fratelli arrabbiati e delusi, con i più duri e puri che si sentono traditi – «Peggio di un qualsiasi Badoglio» – da uno nemmeno mai passato per Colle Oppio, mai stato dei loro, perché Giuli considerava il Movimento sociale un fastidio, lui voleva qualcosa di più estremo ed elitario, e infatti adesso li provoca e li stuzzica, difendendosi a colpi di supercazzole. Con l’aria dell’intellettuale (sebbene a 49 anni debba ancora discutere la tesi). Con i suoi abiti fru fru di velluto rosso completi di panciotto. Con l’occhiata di uno che, divertito, dice: «…la creatività nasce nel liquido amniotico». E poi si chiede: Mollicone mi avrà capito? La Russa starà sbuffando? Adoro, vederli così.Io, pensa accigliato Giovanbattista Fazzolari, nel suo ufficio a Palazzo Chigi, ve l’avevo detto che di questo destrorso naïf non dovevamo fidarci, che non mi sembrava la persona giusta per farci dimenticare i casini di Sangiuliano (poi, certo, la versione ufficiale è: «Giuli? Nessuno scontro: lo stimo e apprezzo la sua grande professionalità», sì, vabbè).Comunque: la voce che Giuli starebbe pensando di dimettersi continua a girare forte. La fanno girare apposta? Chi lo conosce bene, ti spiega: «Uno con la testa e il carattere di Alessandro, caso mai, si fa cacciare. Certo non gli darebbe la soddisfazione di andarsene». È pazzesco dirlo: ma con Genny Delon, in fondo, fu tutto più romantico, plastico, scenografico. Un ministro che s’innamora di una bionda sbagliata. La confessione in singhiozzi al Tg1. Il rimbombo di qualche volgare ricatto. Dimissioni. Sigla finale.Stavolta, invece, niente è come sembra (del resto è lui stesso, Giuli, ad aver insinuato verità opache e «fluide», sostenendo che «L’apparenza inganna», citazione di un film del 2001 con Depardieu e Daniel Auteuil, in cui c’è un povero Cristo costretto a fingersi omosessuale). La verità è che abbiamo poche certezze. Quella più ovvia è che siamo tutti in attesa di vedere cosa realmente contenga questa già famosa puntata di Report. Con Sigfrido Ranucci che continua a darci una briciola di notizia al giorno (lancio del programma assolutamente geniale; e però, caro Sigfrido, sia chiaro: o domenica sera ci fai saltare sulla sedia, come nella prima mezz’ora di «Salvate il soldato Ryan», oppure beh, insomma, ci siamo capiti, vero?).Poi ci sono verità scomposte. Pezzi di cronaca battente che conoscete, e che è pure complicato riepilogare. Perché c’è Giuli che caccia per «tradimento» il capo di gabinetto Francesco Gilioli (un funzionario del Senato al Mic per distacco: molto stimato da Ignazio La Russa, che – infatti – subito s’infuria) e, al suo posto, nomina Francesco Spano, omosessuale dichiarato, ci aveva lavorato al Maxxi, e lo stima, dice. Ma poi emergono vecchi scandali, denunce, un servizio delle Iene sui fondi alle associazioni Lgbt, e sulla scena compare pure il marito di Spano, Marco Carnabuci. Così, mentre Ranucci dice e non dice, insinua, lascia intendere, capirete tutto domenica, e la ministra Roccella deve sedare tutte le componenti cattoliche e pro vita che ruotano intorno al governo, Spano si dimette e arriviamo a queste ore di buio fitto e sospetti tremendi.In Transatlantico, a Montecitorio, una mezza rissa tra la sorella del dandy, Antonella Giuli («Sei un piccolo uomo!») e Mollicone, ennesimo dandy e capogruppo in commissione Cultura. La corrente napoletana, solidale con Genny, da Edmondo Cirielli a Marta Schifone, ricorda che «a fare il ministro ce l’abbiamo messo noi, non la Schlein». L’altro sottosegretario, Alfredo Mantovano, prova – con il consueto garbo – a mediare: ipotizza che il capo di gabinetto e il portavoce siano indicati dai vertici del partito, ma si sente rispondere: «E-sclu-so». Poi, nel mischione, via Facebook, arriva Annalisa Terranova, autorevole giornalista del Secolo d’Italia. Che, in sintesi, dice: «Giuli mi fa simpatia. Andando contro le potenti personalità di FdI che non volevano Spano capo di gabinetto al Mic, si è comportato da uomo libero e penso, come ha scritto Giuliano Ferrara, che Pannella oggi stringerebbe la mano al “fascista” Giuli».Fascista? Intanto: sostiene che «Gramsci è vivo» (il titolo del suo ultimo libro). E poi – raccontano – «fa proprio cose di sinistra». Inaugurando la Buchmesse di Francoforte, disse: «Spazio al dissenso, anche contro il governo». Meraviglioso.No, sul serio, scusate: ma chi ce l’ha messo a fare il ministro?