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 2024  ottobre 24 Giovedì calendario

giuditta Tavani Arcuati e altre eroine

Continua con il ritratto di su Giuditta Tavani Arquati la serie sulle Donne nella Storia e nel Mito. A firmarla è Alessandra Necci, scrittrice, avvocato e docente universitaria, insignita delle onorificenze di Cavaliere al merito, Legion d’onore e Chevalier des Arts et des Lettres. Alessandra Necci è anche il direttore delle Gallerie Estensi di Modena, Ferrara e Sassuolo. È autrice di molte biografie, tra cui quelle su Caterina de’ Medici, Napoleone e Machiavelli.«Pe bono è bono assai; ma er troppo è ttroppo; E accusì, tra l’ancudine e’r martello, Se lassa perzuade a annà ber bello, E quer c’ha da fa pprima a ffailo doppo». Con questi ironici versi, Gioacchino Belli fa trapelare le perplessità che circolano sugli attendismi di papa Pio IX. Eppure, nel giugno 1846 l’ascesa al soglio di Giovanni Maria Ferretti Mastai aveva acceso grandi speranze. Come ricorda il libro Sorelle d’Italia, molti credevano di aver trovato l’ideale di Gioberti. Le prime misure prese dal pontefice sembravano confermare una linea politica moderatamente liberale che incontrava il sostegno del popolo, capitanato da Angelo Brunetti detto Ciceruacchio. Pio IX aveva condannato l’occupazione austrica di Ferrara dell’agosto 1847, dopodiché nel ’48 aveva concesso la Costituzione.Si apriva la prima guerra d’Indipendenza. Il pontefice mandava a Carlo Alberto migliaia di soldati, per poi dichiarare di non voler scendere in guerra contro la cattolica Austria, ritirando le truppe. Mentre sotto la statua di Pasquino fiorivano le satire, Pio IX chiamava al governo l’esponente liberale Pellegrino Rossi, che sarebbe stato assassinato. In novembre, il papa scappava a Gaeta. Dal 9 febbraio al 4 luglio 1849, l’Urbe avrebbe vissuto la drammatica ed esaltante esperienza della Repubblica Romana, con Mazzini, Saffi e Armellini. Nella città confluivano i patrioti anche stranieri, fra cui l’inviata americana Margaret Fuller, che raccontò al mondo il Risorgimento.La Fuller, tuttavia, non è stata la sola presenza femminile. Come abbiamo detto, moltissime sono state le donne di tutti i ceti e tutte le provenienze che hanno avuto un ruolo fondamentale nell’Unità. Fra le tante, a Roma, si ricordano ancora i nomi di Colomba Antonietti – di cui abbiamo scritto su queste pagine – e di Giuditta Tavani Arquati. Soprannominate “le eroine di Trastevere”, sarebbero state promesse in anni diversi a triste fine. Oggi, vicino a Lungotevere Raffaello Sanzio, restano una via e una piazza con i loro nomi.Giuditta, nata il 30 aprile 1830 sull’isola Tiberina, è figlia di Adelaide Mambor e di Giustino Tavani, che aveva militato nella I Repubblica Romana di epoca napoleonica. La famiglia Tavani è dunque animata da principi laici e repubblicani. Nel 1844, la quattordicenne sposa Francesco Arquati, commerciante di lana di Filettino, che si converte alle sue idee. Di lì a poco, nel ’49, gli sposi prendono parte alla difesa della Repubblica Romana; quindi seguono Garibaldi a Venezia per cercare di sostenere la Repubblica di San Marco.Dopo la débâcle, Giuditta e Francesco passano una fase in Romagna ormai hanno nove figli – e tornano a Roma nel 1865, portando i quattro bambini piccoli. I grandi proseguono il lavoro del padre a Filettino. Torna anche Garibaldi, che nell’estate 1867 si getta nella Campagna dell’Agro romano per la liberazione di Roma.Giungono a migliaia i volontari e “l’eroe dei due mondi” manda nell’Urbe Francesco Cucchi, con il compito di organizzare i patrioti. Fra questi, c’è Giuditta. Il luogo da cui tutto parte – e dove si trova l’arsenale principale – è il lanificio Ajani diretto da Francesco Arquati, a via della Lungaretta 97 in Trastevere. Il 22 ottobre comincia l’insurrezione, con un attentato contro la caserma degli zuavi pontifici. Contrariamente alle aspettative, il popolo non segue i Volontari garibaldini e il piano, che dovrebbe toccare diversi punti della città, è destinato al disastro.Nel frattempo arriva una spedizione guidata da Enrico e Giovanni Cairoli, che ingaggia con i soldati papalini lo Scontro di Villa Glori. Enrico muore e suo fratello viene ferito (perirà dopo). Resta un punto nevralgico della resistenza, il lanificio Ajani. Lì, ad attendere Garibaldi, ci sono Giuditta che aspetta il decimo bambino, Francesco, il loro figlio dodicenne Antonio e vari cospiratori. È il 25 ottobre 1867. Verso l’ora di pranzo, mentre le donne preparano i cibi, arrivano gli zuavi, allertati da una “soffiata”. Antonio, che li ha avvistati, lancia una bomba a mano. Comincia una violenta battaglia, ma l’esercito pontificio alla fine riesce a entrare. Nonostante l’evidente gravidanza, Giuditta viene prima ferita, poi finita a colpi di baionetta. Con lei, vengono assassinati il marito e il figlio. A ricordare quella barbara azione, il quadro Eccidio della famiglia Tavani Arquati. Altri patrioti vengono uccisi o arrestati, mentre i mercenari pasteggiano fra i morti. Di lì a poco, i soldati papalini e francesi sconfiggeranno i Volontari a Mentana.Il corpo di Giuditta viene sepolto, insieme agli altri, nel cimitero del Verano. Dopodiché, nel 1941, le salme vengono spostate nel Mausoleo Ossario Garibaldino, sul Gianicolo. Ma già nel 1877 era stata apposta una lapide in sua memoria sulla facciata del lanificio Ajani, e in seguito un busto che la raffigura come una matrona romana. Di Giuditta, inoltre, l’Istituto per la Storia del Risorgimento conserva una foto in albumina e il manoscritto con il resoconto dell’eccidio degli zuavi. La memoria storica, del resto, è fondamentale per consolidare l’identità di un Paese.