La Stampa, 24 ottobre 2024
Ecco com’è l’esercito di Kim
In coreano si dice songun e significa “military first”. Dagli anni Novanta, ben prima dell’America First di Donald Trump, è il principio politico alla base del regime della Corea del Nord. Istituita ufficialmente da Kim Jong-il, viene perpetuata dal figlio, Kim Jong-un. Significa che le forze armate sono l’istituzione più importante del Paese. Ovviamente, sempre sotto la stretta guida di quel leader supremo che ha deciso di inviare migliaia di soldati in Russia per combattere contro l’Ucraina. Secondo la Corea del Sud, già in tremila avrebbero raggiunto l’Estremo Oriente Russo, pronti a essere schierati sul fronte. Entro dicembre potrebbero essere diecimila. Molti di loro potrebbero morire, forse persino colpiti dalle armi che Seul sta per la prima volta pensando di inviare a Kiev. Tanti altri restano per ora al sicuro in Corea del Nord, dove l’esercito conta oltre un milione e 300 mila unità, da sommare ai circa 7 milioni tra paramilitari e riservisti. Numeri rilevanti, in un Paese dove la leva è obbligatoria sia per gli uomini che per le donne, rispettivamente di 10 e 7 anni. Si arriva addirittura a 13 anni per l’unità speciale delle guardie del corpo di Kim. Il tutto su circa 25 milioni di abitanti, diversi dei quali vivono tra gli stenti. Tra Covid e sanzioni, negli scorsi anni è tornato lo spettro della carestia. Ma il regime continua a investire cifre enormi sulle armi.La dottrina “Military first” significa che le forze armate hanno un ampio ruolo non solo in materia di difesa, ma anche su progetti economico-sociali, rurali e infrastrutturali. Spesso i militari godono di un trattamento di favore per l’accesso all’istruzione e all’impiego, ma anche ad alloggi, cure mediche e cibo rispetto ai civili. Non poco, in un Paese in cui la sicurezza alimentare è ancora lontana. Ma da un grande potere derivano grandi responsabilità. I soldati sono soggetti a una rigida disciplina militare e a un rigoroso codice di condotta. Questo può includere dure sanzioni per le infrazioni, generalmente più severe di quelle per i civili. Le storie, o leggende, sulle crudeli esecuzioni di alti ufficiali si sprecano. Di certo, un anno fa Kim ha silurato il capo di Stato maggiore Pak Su-il, dopo due tentativi falliti di lancio di un satellite spia. Missione poi compiuta a novembre 2023, forse grazie al supporto tecnologico della Russia.È solo uno degli esempi dell’ammodernamento di un esercito in fase di potenziamento e dotato di una vasta riserva di proiettili di artiglieria e di razzi, che sarebbero stati spediti in ampie quantità a Mosca per essere testati sul campo. Particolarmente sviluppate le capacità di guerra asimmetrica, diventate il perno della strategia dei Kim dopo che la forbice economica con Seul è diventata incolmabile. Si stima che Pyongyang abbia assemblato 50 testate nucleari e disponga del materiale fissile per circa 70-90. Ha la capacità di lanciare armi nucleari su una serie di sistemi terrestri, compresi missili balistici intercontinentali con gittate in grado di colpire gli Stati Uniti. Ma a Seul e Tokyo sono molto preoccupati per le più recenti testate tattiche di piccole dimensioni, dalla gittata minore ma in grado di entrare in azione più agilmente. Da qualche mese viene testato il sistema d’arma ribattezzato Haeil (cioè “tsunami”, che sarebbe in grado di effettuare attacchi nucleari contro forze navali e porti attraverso droni subacquei simili ai Poseidon russi. Non è tutto. Diversi report ritengono che il regime possieda dalle 2500 alle 5000 tonnellate di armi chimiche.Le preoccupazioni sull’arsenale nordcoreano sono amplificate dalle recenti mosse di Kim, che nel 2022 ha approvato una nuova dottrina nucleare che consente attacchi preventivi in caso di «minaccia alla sicurezza». Definizione volutamente ambigua, che lascia ampio spazio alla discrezionalità del leader supremo. I timori sono amplificati dall’accordo di mutua difesa siglato a giugno con Vladimir Putin, che potrebbe spingere Kim a mosse ancora più audaci delle recenti esplosioni sulle strade di collegamento intercoreano, o della revisione della costituzione per rinnegare l’obiettivo della riunificazione e identificare la Corea del Sud come un “Paese ostile”. Secondo diversi analisti, non è da escludere un nuovo test nucleare, forse non a caso a cavallo delle presidenziali negli Usa. Nelle scorse settimane, i media di regime hanno per la prima volta pubblicato delle immagini del sito atomico e alcune foto satellitari mostrerebbero che i preparativi sarebbero completati. Se Kim darà luce verde, si tratterà del settimo test nucleare. Il primo dal 2017, ma anche quello che comunicherà definitivamente che la denuclearizzazione della penisola è ormai impossibile. —