la Repubblica, 24 ottobre 2024
Flirt e veleni al Collegio romano
La cultura in effetti è diventata un gran guaio. Con una mano attira gli sprovveduti indicandogli maxischermi, luci, decibel, ghiotte consulenze, sogni d’egemonia e sfilate sul red carpet; ma con l’altra mano, come in una fiaba, è già intenta a girare la manovella del tritacarne che ridurrà in poltiglia ministri, sottosegretari, consiglieri, congiunti e affini.Solo negli ultimi mesi fra le mura del Collegio romano è accaduto a Sgarbi, recidivo, a Sangiuliano, esiliato, a Boccia, denunciata e bloccata dai social, a ben due capi di gabinetto, Gilioli e adesso Spano. Senza contare i dignitari che hanno scelto di tagliare la corda, tipo il giovane editore sovranista Giubilei, e dirigenti che innalzati o distrutti dallo spoils system volano, strisciano e volteggiano come foglie in un mefitico turbine di lettere anonime, chat delatorie, prebende avvelenate, conflitti d’interesse.Con la tragicommedia pompeiana, turbo-selfie e cerotti, tele-lacrime e inseguimenti nei conventi, la vendetta della Cultura, divinità offesa, si è solo parzialmente compiuta. L’odierna puntata serializza definitivamente il format. A quanti si chiedono come sia possibile si può provare a spiegare chenon dipende solo dalle umane debolezze, ma anche dai tempi, oltraggiosi e sgangheratissimi.Per quanto individui tutt’altro che banali, Giovanni Spadolini e Alberto Ronchey vengono in effetti ricordati come due ministri seri, fattivi, cauti, a tratti persino grigi. Nel 1994, invece, Berlusconi si mise in testa che alla Cultura sarebbe stato bene il manager dei manager di McDonald’s, l’ottimo Mario Resca. In realtà su quella poltrona sedette il professor Fisichella, ma a ripensarci bastava quella candidatura a glorificare il primato dell’economia sullo Spirito, del presente sull’antico, del consumo sulla memoria; e un po’ pure della fuffa, in ultima analisi, sulla serietà, il contegno, l’investimento paziente, il bene comune, eccetera, eccetera, eccetera.Sangiuliano e compagnia bella non arrivano dalla luna. Per molti dei suoi predecessori più che dei Beni culturali quel ministero divenne pian piano un luogo di potere, di spettacoli e di annunci ad alto rendimento politico e mediatico. Festival, mostre, concerti, anniversari, spot, piattaforme, affari magari promuovendo questo o quell’amichetto di partito e di clan dall’autonoleggio di Frosinone alla guida della società che controlla gli shop dei musei. Però anche sogni, visioni, suggestioni, vibrazioni, godimenti e megalomanie, da Tolkien al decreto per far posto al comandante di TeleMeloni, da Gentile al Netflix della Cultura. Tutto, insomma.Ma siccome le grandi trasformazioni non sono mai univoche, ecco che per contrappasso l’ente utilizzato per sfruttare questa specie di desolante cuccagna ha finito per trasformarsi in una malevola lente d’ingrandimento, se non in una graticola per potenti da abbrustolire a fuoco vivo. «Temptation Island» l’ha definita un grillino; «il contesto venutosi a creare», cosìl’ha messa l’improvvido Spano.E anche qui l’esordio di Giuli l’abbiamo sotto gli occhi, ma dopo tutto – se la cronaca può ancora accendere qualche ricordo – anche il povero Giuliano Urbani ebbe le sue tribolazioni con Sgarbi che in un talk show pensò bene di inscenare una sorta di mimo erotico fra il ministro e la sua compagna, a giudizio del sottosegretario invidiosa e invadente (2002). Così come una certa quota di dileggio toccò a Sandro Bondi per via di tristi consulenze meta-famigliari, a parte il finto premio, “Action for woman”, che egli dovette assegnare a una amica balcanica del Cavaliere dopo una proiezione semiclandestina alla mostra del cinema di Venezia (2010).Così va quindi la Cultura, sempre più separata dalla scuola e dall’istruzione, spossessata delle sue obsolete virtù, ridotta a merce e pretesto, illusione e comunicazione, brand, zapping, relax, broadcasting e impiccetti destinati a riempire gli schermi e poi boh. Che poi poteva pure finire peggio. Se tutto fosse filato in un certo modo, magari oggi Maria Rosaria Boccia, consigliera Grandi Eventi, starebbe organizzando per il Santo Natale la scazzottata tra Musk e Zuckerberg al Colosseo: Meloni aveva detto sì e Genny si sarebbe vantato dell’ospedale per i bimbi malati.