La Lettura, 6 ottobre 2024
Una mostra su Giorgio Vasari
Nel dicembre 2021, in un’asta da Pandolfini, una copia della prima edizione illustrata (stampata a Firenze da Giunti nel 1568) delle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori, e architettori di Giorgio Vasari fu venduta per 43.750 euro. Non si trattava, certo, di una copia qualsiasi, ma di una copia illustrata (la prima non illustrata era stata pubblicata nel 1550 con il titolo Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori italiani, da Cimabue insino a’ tempi nostri) e soprattutto di una copia postillata da Federico Zuccari, il grande pittore manierista (1539-1609). Quello stesso Zuccari che proprio con Vasari avrebbe affrescato i 248 angeli, le 235 anime, le 21 personificazioni, i 102 personaggi religiosi, i 35 dannati, i 13 ritratti, i 14 mostri, i 23 putti, i 12 animali della Cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze (oltre 3.600 metri quadrati in totale). Zuccari delle Vite ne aveva oltretutto postillate ben tre copie, una delle quali venne poi donata da Zuccari a El Greco che a sua volta avrebbe aggiunto altre note.
Vasari (considerato «il primo storico dell’arte dell’Evo Moderno») è stato un artista totale (colto, versatile ma anche «di potere» in perfetto stile rinascimentale) capace di passare dalla pittura (per i suoi critici non particolarmente eccelsa) all’architettura (suo il progetto del complesso degli Uffizi con il mitico Corridoio la cui riapertura è stata annunciata entro la fine di quest’anno) alla biografia (non particolarmente scientifica, sempre secondo i suoi critici), un grande divulgatore che in fondo ha raccontato la vita di altri artisti (pittori, scultori e architettori che fossero) per parlare anche di sé e della sua epoca.
La sua tendenza a indulgere su fatti privati e caratteri personali senza paura di scendere talvolta nel pettegolezzo (un po’ come succede oggi sui social), rende Vasari in qualche modo ancora più moderno e sicuramente più divertente delle biografie più paludate. Un raccontatore di vite capace di alternare alla definizione aulica di un Leonardo «veramente mirabile e celeste» o di un Michelangelo «divino», quella ben più terrena di un Botticelli «cervello stravagante e sempre inquieto, persona molto piacevole che fece molte burle ai suoi discepoli et amici».
Il 2024 è l’anno di Vasari e della sua città, Arezzo, dove era nato il 30 luglio 1511, che, in occasione dei 450 anni dalla morte (avvenuta a Firenze il 27 giugno 1574) ha messo in ponte da maggio al prossimo febbraio un programma (Arezzo. La città di Vasari) articolato in dieci mostre destinate a rendere definitiva giustizia a questo artista-architetto-biografo-intellettuale. Un percorso che culmina con la mostra Giorgio Vasari. Il teatro delle Virtù (curata da Cristina Acidini con la collaborazione di Alessandra Baroni) che si apre il 30 ottobre nella Galleria Comunale d’arte moderna e contemporanea di Arezzo e negli spazi dell’ex-Chiesa di Sant’Ignazio con l’intenzione, spiegano i curatori, «di porre l’accento sul patrimonio di invenzioni sacre e profane messe a profitto da Vasari per la gloria del granduca Cosimo I, suo protettore dal 1550 alla morte» (un patrimonio testimoniato dalle figure affrescate nella sala del Trionfo di Casa Vasari).
La Fucina di Vulcano, la Crocifissione con la Madonna, San Giovanni e la Maddalena, il Cristo Portacroce, la Sacra Famiglia, le Tentazioni di San Girolamo appaiono come tessere di un mosaico sorprendente che definisce Giorgio come un sensibile interprete dell’aria del tempo, ma anche come un tenace sostenitore del valore (specialmente al tempo del Rinascimento mediceo) dell’allegoria «inventando uno stile che sarebbe divenuto ricorrente nel Cinquecento, sia nelle creazioni letterarie che nell’espressione visiva, dove immagini e soggetti fantastici avrebbero acquisito un significato che andava ben al di là dell’immagine di superfice». Come testimoniano l’Onore, la Virtù e la Grazia, le splendide Allegoria del sonno e Allegoria dell’oblio (prestate dal Met), l’Allegoria della Concezione proveniente dalla chiesa dei SS. Apostoli a Firenze o (per certificare l’influenza del Vasari sui suoi coetanei) l’Allegoria della Felicità pubblica del coevo Bronzino. E, soprattutto, la Chimera, straordinario bronzo etrusco rinvenuto nel 1535 durante i lavori di scavo effettuati intorno al baluardo di San Lorentino ad Arezzo, per volere di Cosimo de’ Medici ed entrato immediatamente nelle collezioni ducali.
Otto le sezioni della mostra concepita per presentare in maniera esaustiva non solo l’opera di Vasari, ma anche la sua fittissima rete di relazioni, le novità di cui fu interprete che cambieranno per sempre la storia dell’arte, il suo ruolo di grande comunicatore: sua l’idea della fondazione dell’Accademia del Disegno, autorizzata dal duca Cosimo per regolare il sistema delle committenze pubbliche, mentre la sezione sulla grafica «valorizza la centralità del disegno, che per Vasari è il progetto mentale e manuale da cui ogni artista deve partire». Alla medesima visione dell’arte è poi dedicata la mostra Il disegno fu lo imitare il più bello della Natura. La casa, i disegni, le idee: Giorgio Vasari e la figura dell’intellettuale architetto, con la curatela di Rossella Sileno, con la sua abitazione che diventa scenario per la contrapposizione tra due aspetti, distinti ma strettamente collegati tra loro, del Vasari: la figura dell’artista intellettuale e la tematica dell’architettura nella sua opera pittorica vasariana.
All’artista-biografo-scrittore è dedicata un’altra sezione delle celebrazioni: Costruire un’immagine di sé: Giorgio Vasari attraverso le sue carte, a cura di Ilaria Marcelli negli spazi dell’Archivio di Stato, espone le carte relative alla famiglia dell’artista, e alla corrispondenza col granduca Cosimo I, entrambe accomunate dalla volontà di Vasari di condizionare la memoria che i contemporanei prima e i posteri poi avrebbero avuto della sua figura e del suo lavoro,
Ma se Il teatro delle Virtù invita a guardare ancora più in profondità l’opera di Vasari, la mostra al Museo Nazionale d’Arte medievale e moderna invita a guardare Vasari per una volta «solo» come artista, per dimostrarne tutto il reale valore: al centro dell’esposizione (curata da Luisa Berretti) c’è Il convito per le nozze di Ester e Assuero, una delle più grandiose opere dell’artista, esposta nel palazzo che fu di proprietà della famiglia Ciocchi del Monte e dove soggiornò il cardinale Giovanni Maria Ciocchi del Monte, poi pontefice col nome di Giulio III, tra i principali committenti di Vasari, oggi sede del museo. Tra disegni preparatori, i documenti, le risultanze del restauro tornano in primo piano «l’evidenza dei bellissimi particolari dell’opera». Un’opera da guardare in modo nuovo. Proprio come Giorgio Vasari.