La Stampa, 23 ottobre 2024
Intervista a Banana Yoshimoto
Banana Yoshimoto scrive da quando aveva cinque anni ispirata dalla creatività di sua sorella che disegnava, alla ricerca di un senso che non trovava altrove se non davanti a un foglio bianco. Tra le pagine dell’ultimo libro, Lo spirito bambino. Le strane storie di Fukiage 3 (Feltrinelli), nuovo episodio della saga di Mimi e Kodachi, spunto di riflessione sul significato della vita e sull’assenza, scorrono temi a lei cari, il coming of age, ovvero i riti di passaggio, i doppi speculari e opposti (in questo caso due gemelle), segreti di famiglia e altri nascondigli per tesori che il tempo porta a sotterrare sotto il tappeto e visioni che infestano l’ordinario. I fantasmi sono feticci tra le pieghe del quotidiano, lo spaesamento è in contrasto con il calore apparente di ambienti domestici, la famiglia è sempre scelta o ricostruita attraverso frammenti, i ricordi polvere sotto al tappeto. Banana Yoshimoto che, ancora prima della letteratura che traccia gli effetti sulla salute mentale della gentrificazione urbana, ha raccontato l’influenza del contesto e delle metropoli sulla psicologia dei personaggi, torna a raccontare i lacci che tengono insieme ciò che chiamiamo famiglia. Sempre in zone di confine, tra codici domestici e sovrannaturali, ibridazioni di generi letterari e simbologie.
Che rapporto c’e? tra spettri e luoghi inabitati del passato nella sua scrittura?
«Il romanzo e? un libro sulla vita scritto con i codici del fantasy, demoni e fantasmi sono elementi fondanti. Le persone usano l’assenza o la morte di altri per aprire ferite nei loro animi. Il romanzo è un’allegoria, simboleggia chi queste ferite le accoglie e vive abbracciandole».
Crede che, con il digitale e il doomscrolling, i contorni di perdita, lutto e fantasmi siano mutati?
«No, penso di no. Pare banale ma abbiamo tutti una istintiva paura dell’oscurita? e della morte e, finche? saremo fatti di carne ed ossa, questa cosa non cambiera?. Dall’inizio dell’era digitale, poi, sappiamo ancora meglio quanto l’essere umano possa essere spaventoso. Se prima conoscevamo aspetti terrificanti della gente soltanto tramite dicerie, oggi ne veniamo a conoscenza anche online».
Le protagoniste di Le strane storie di Fukiage sono due sorelle gemelle. Come si e? interessata al tema del doppio, speculare e opposto?
«Trovo interessante che, per quanto simili possano essere, anche spingendosi ai limiti, le gemelle gestiscono le situazioni in modo diverso».
Il rapporto tra cio? che si mangia e chi lo cucina ha un ruolo centrale nella sua scrittura. Da dove viene? Quali erano i rituali legati alla cucina e al cibo nella sua casa quando era bambina?
«In realta? a casa mia non avevamo rituali particolari legati al cibo, mia madre era piuttosto cagionevole, era mio padre ad occuparsi del cibo. Lui tendeva, però, a comprare cibi gia? pronti o a preparare piatti semplici come riso e zuppa di miso. Le strane storie di Fukiage sono storie di famiglia, per questo mi piaceva l’idea di esplorare l’aspetto di cura connesso al cibo».
Spesso le protagoniste dei suoi libri sono teenager che affrontano il trauma di crescere in una realtà inospitale. Qual e? secondo lei il rapporto tra capitalismo, alienazione metropolitana e coming of age? Cosa le interessa dell’adolescenza?
«In un’epoca in cui il denaro e? diventato una divinita?, perdiamo valori importantissimi, di giorno in giorno. Uno dei motivi per cui voglio scrivere di questi temi e? il fatto che, se avessimo totalmente perso questi valori, non saremmo piu? esseri umani. Aggiungo che tutti i romanzi tentano, in un modo o nell’altro, di rappresentare un certo tipo di rito di passaggio. Nel mio caso, pero?, tali riti non riguardano l’amore o la società».
È vero che da bambina scriveva gia??
«Si, scrivo da quando avevo circa cinque anni».
Cosa leggeva soprattutto? È figlia di una poetessa, crede abbia influenzato la sua scrittura?
«Ultimamente ho riletto Truman Capote e ho riscoperto la sua genialità?. Mia madre non mi ha direttamente influenzato ma il suo modo di apprezzare la bellezza ha avuto un impatto sulla mia sensibilità. Invece mio padre, che era un critico, mi ha insegnato a guardare le opere letterarie con obiettività».
Sta scrivendo ora?
«Si, ho quasi completato il mio ultimo libro, una raccolta di short stories folkloristiche con un lato spaventoso».
Cosa sta leggendo?
«Un libro di Mizuno Namboku».
Ha spesso scritto di come esperienze e traumi influenzino il quotidiano. Perche??
«Vero. E ne ho scritto spesso perché, per quanto ne siamo piu? o meno consapevoli o per quanto proviamo a sopprimerle, chiunque porta con sè esperienze traumatiche».
In che modo la letteratura può dilatare i confini di quel vuoto che lasciano le assenze?
«La letteratura fa in modo che si crei in ciascuno di noi uno spazio neutro: e? proprio in quello spazio che, per un attimo, e? possibile dimenticare le assenze, i traumi, le difficolta? della vita e rilassarsi nel proprio mondo. Per quanto possa non sembrare di aiuto nell’immediato, con il passare del tempo esperienze del genere si accumulano e contribuiscono a plasmare nuovi modi di pensare».
Lei ha venduto milioni di copie. In che modo il mercato e il marketing editoriale sono cambiati negli ultimi anni secondo lei?
«La nostra e? un’epoca piuttosto difficile per pubblicare un libro. Anche se le opere vengono serializzate, molte non arrivano alla pubblicazione in un unico volume». —