La Stampa, 22 ottobre 2024
Cos’è vero e cosa no sui Paesi sicuri
La Francia ha sentito l’esigenza di inserire nella propria lista, tra gli altri, l’Armenia e la Mongolia. Il Belgio ha aggiunto l’India, mentre la Grecia il Nepal e i Paesi Bassi gli Stati Uniti. Ma cosa si intende esattamente per “Paese di origine sicuro”? Con quali criteri vengono definiti? Quali sono i margini di manovra dei governi nazionali rispetto al quadro giuridico europeo? La decisione del Tribunale di Roma, relativa all’esame delle richieste di asilo dei migranti trasferiti in Albania, ha riacceso il dibattito attorno al concetto di Paese di origine sicuro. Che non comporta automaticamente il rigetto della domanda d’asilo e nemmeno il rimpatrio immediato per i suoi cittadini. Tanto che molti Stati membri dell’Ue non si sono mai dotati di una tale lista.
«L’Italia ha definito
una lista di Paesi
di origine sicuri: i migranti
che provengono
da queste zone
potranno essere
immediatamente espulsi»
FALSO
La definizione della lista dei Paesi di origine sicuri serve per stabilire le nazionalità dei cittadini che possono essere sottoposti a una procedura accelerata per l’esame delle loro domande d’asilo. Ma il respingimento della loro domanda non può essere automatico, nemmeno se provengono da Paesi sicuri. La questione è emersa nel quadro dell’accordo con Tirana perché il protocollo prevede che l’Italia trasferisca nei centri in Albania solo i migranti adulti, uomini, non vulnerabili, che siano appunto provenienti da Paesi considerati sicuri, in modo da effettuare lì la procedura accelerata.
«I migranti provenienti
dagli Stati che non
figurano nell’elenco dei Paesi sicuri non possono essere rimpatriati»
FALSO
Non esiste una lista di Paesi di origine “non sicuri”. E l’esame delle domande d’asilo va sempre fatto individualmente, caso per caso. Anche chi viene da un Paese considerato sicuro può ottenere la protezione internazionale, mentre la possibilità di rimpatriare un migrante “irregolare” dipende dagli accordi bilaterali con il Paese di origine.
«La Commissione europea considera il modello
Albania contrario
al diritto Ue»
FALSO
La Commissione ritiene che il protocollo Italia-Albania non violi le norme Ue, altrimenti avrebbe aperto una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia. La Commissione chiede però che la legislazione italiana sulla lista dei Paesi di origine sicuri (fondamentale per selezionare i migranti che possono essere portati nei centri in Albania) sia in linea con le direttive Ue e con le sentenze della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
«I giudici
del Tribunale
di Roma si sono
permessi di modificare l’elenco dei Paesi
di origine sicuri»
FALSO
I giudici non sono affatto entrati nel merito della questione. Hanno soltanto stabilito che – alla luce della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 4 ottobre scorso – un Paese non può essere considerato “parzialmente” sicuro: deve esserlo per tutti i suoi cittadini e sull’intero territorio.
«Egitto e Bangladesh,
Paesi di provenienza dei migranti che erano stati trasferiti in Albania,
sono considerati sicuri
soltanto parzialmente»
VERO
Nelle schede-Paese allegate al decreto approvato a maggio dal governo, ottenute dall’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), si legge per esempio che «il Bangladesh è da ritenersi Paese sicuro ad eccezione delle fattispecie indicate al punto n. 6», vale a dire quelle «principalmente legate all’appartenenza alla comunità LGBTQI+, alle vittime di violenza di genere, incluse le mutilazioni genitali femminili, alle minoranze etniche e religiose, alle persone accusate di crimini di natura politica e ai condannati a morte». Il governo, inoltre, «segnala anche il crescente fenomeno degli sfollati “climatici"». Per quanto riguarda l’Egitto, secondo il governo Meloni, si tratta di un Paese sicuro ma «si ritengono necessarie eccezioni per gli oppositori politici, i dissidenti, gli attivisti e i difensori dei diritti umani o per coloro che possano ricadere nei motivi di persecuzione» previsti in determinati casi. Il governo sostiene che le limitazioni a cui fa riferimento la Corte Ue sono solo quelle di tipo “geografico” (motivo per cui ha rimosso dall’elenco Camerun, Colombia e Nigeria) e non quelle relative a determinate categorie di persone.
«Spetta
ai singoli Stati
decidere quali Paesi
sono considerati sicuri, non all’Unione europea»
PARZIALMENTE VERO
La lista dei Paesi di origine sicuri viene definita dai singoli Stati membri, ma sulla base di princìpi comuni e in linea con la direttiva europea 2013/32. La Corte di Giustizia Ue ha stabilito che, alla luce di questa direttiva, non si possono dichiarare Paesi sicuri soltanto in modo parziale. O lo sono per intero, oppure non possono essere considerati tali.
«L’Unione europea
ha riconosciuto
la necessità di consentire agli Stati di definire
i Paesi sicuri
anche solo
in modo parziale»
PARZIALMENTE VERO
Nel nuovo Patto migrazione e asilo, adottato nella scorsa primavera, c’è un regolamento (2024/1348) che effettivamente prevede la possibilità di designare un Paese sicuro soltanto parzialmente. Ma tale regolamento si applicherà soltanto a partire dal giugno 2026.
Fino a quel momento, resterà in vigore la direttiva 2013/32 e la giurisprudenza dovrà basarsi sulla sentenza della Corte di Giustizia Ue del 4 ottobre. Con ogni probabilità, quindi, i giudici italiani continueranno ad applicare questi princìpi nel valutare eventuali ricorsi perché le norme del diritto europeo prevalgono su quelle nazionali.
«Tutti gli Stati Ue
considerano
l’Egitto,
il Bangladesh
e la Tunisia come
Paesi sicuri»
FALSO
Alcuni li hanno inseriti nelle loro liste (come Grecia e Cipro), ma moltissimi altri Stati membri, invece, non li hanno inclusi. Questo non impedisce loro di respingere le richieste d’asilo dei migranti che provengono da quei Paesi, se considerate infondate in seguito all’esame individuale.
«Non esiste
una lista
europea di Paesi
considerati sicuri
da tutti»
VERO
La Commissione europea guidata da Jean-Claude Juncker aveva fatto una proposta in tal senso nel 2015. Ma i negoziati tra i governi e l’Europarlamento si erano arenati in seguito ai disaccordi emersi sulla scelta dei Paesi da inserirvi. Per questo, nel 2020, la Commissione ha ritirato la sua proposta e si è deciso di mantenere soltanto le liste nazionali.
«Tutti gli Stati Ue
hanno l’obbligo
di stilare
una lista
dei Paesi di origine
sicuri»
FALSO
Avere una lista di Paesi considerati sicuri non è un obbligo, ma una facoltà che consente di accelerare le procedure per l’esame delle richieste d’asilo. All’interno dell’Ue, le liste sono diverse da Stato a Stato e alcuni Paesi, come la Spagna e il Portogallo, nemmeno ce l’hanno. —