Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 22 Martedì calendario

La rivolta di Avetrana ecco perché la fiction fa paura alla realtà

La fiction è uno specchio deformante della realtà o chi vi si riflette preferisce non riconoscersi? Avetrana non sarà Hollywood, come da titolo della serie che l’amministrazione locale vorrebbe bloccare, ma non è neppure una provincia «degradata, ignorante, marchiata da un delitto»? Se i suoi abitanti erano pronti a tutto per apparire in televisione, ai telegiornali o nei contenitori d’inchiesta e intrattenimento, perché non dovrebbero essere contenti di vedersi in questi quattro episodi su Disney+, dove l’omicidio della giovane compaesana Sarah Scazzi viene di nuovo raccontato, anche da loro?
È inevitabile che la realtà si ribelli alla rappresentazione. Nessuno vorrebbe essere il soggetto di un film biografico, salvo poterne fare la regia, scegliere l’alter ego, scriversi le battute. Esiste una serie su Bernard Tapie: per poterla mandare in onda si è dovuto attenderne la morte. È frequente che i discendenti di un personaggio famoso disconoscano la versione sullo schermo: era più bello, più alta, non ha mai fatto compromessi. I figli di Muccioli hanno querelato Netflix per diffamazione, contestando che non abbia vissuto e perfino che non sia morto come in SanPa.
Per estensione si arriva alla difesa d’ufficio del luogo dove si abita, soprattutto quando se ne ha la responsabilità. L’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno guardò Suburra e disse: «È triste, pesante. Si dà di Roma un’immagine solo negativa. Roma non è questo, Roma è ben altro. Ci sono anche molti personaggi positivi». Ebbe l’accortezza di non auto-includersi. Sul litorale di Ostia, tappa obbligata di ogni pellicola sulla mala capitale, si celebrò un’unione tra destra e sinistra nel segno della difesa di un territorio ferito non dai fatti, ma da parole e immagini. Un consigliere di Fratelli d’Italia (Pierfrancesco Marchesi) propose di bloccare le autorizzazioni a filmare per fermare «lacattiva pubblicità»: «Ostia non merita questa rappresentazione univoca, possibile fonte di emulazione nei modi e nel linguaggio». Convenne l’allora presidente pd della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, inaugurando in quell’area la Palestra della legalità: «Non è possibile che questa parte bellissima di Roma arrivi alle cronache solo per i fatti criminali». Anche il sindaco di Avetrana vorrebbe che la sua cittadina venisse ricordata «per il complesso fortilizio degli ipogei, il sito neolitico della chiesa di Matrice, le cappelle», ma un delitto è una sineddoche che si prende il tutto. È successo a Cogne, Garlasco, Ponticelli.
Il culmine è la difesa dell’Italia da sé stessa. Se ne assunse l’onere, nel 2010, l’allora presidentedel consiglio Silvio Berlusconi, attaccando Gomorra ( eLa Piovra ) con una delle sue iperboli: «La mafia è più famosa che potente, è la sesta al mondo, ma la più conosciuta perché se ne parla». Dopo Erasmo da Rotterdam, si rifaceva al nominalista Roscellino di Compiègne: le parole sono emissioni di fiato a cui può non corrispondere cosa alcuna. Esisterà davvero un circolo vizioso per cui la riproduzione della realtà la incancrenisce impedendole di evolversi? Nel programma di Rai Due “Lo spaesato” Teo Mammucari si aggira per la provincia italiana tra fiere paesane e fieri sindaci: il ritratto, dal vero, assomiglia più a una volonterosa caricatura.
La richiesta di Avetrana, in subordine alla sospensione della messa in onda, è quella di cambiare il titolo. Come non averci pensato prima? Il Pinguino, criminale nemico di Batman, alla quinta puntata su Sky, si aggira per Gotham City, mica per New York City. Quasi tutte le più famose serie ambientate in piccole comunità hanno nomi di fantasia: da Twin Peaks a Schitt’s Creek. Con una eccezione: Fargo, in Minnesota, dove sono ambientati il film dei fratelli Coen e i suoi derivati, una catena di delitti per lo più grotteschi che tuttavia hanno messo la cittadina sulle mappe, rendendola una destinazione di viaggio. Il punto è che l’avvertenza iniziale secondo cui “i fatti narrati sono realmente accaduti, ma i nomi sono stati cambiati per non urtare la sensibilità dei familiari delle vittime” è anch’essa fiction, parte del disegno dove il confine tra realtà e fantasia è difficile da individuare. Ognuno può cercare di ricostruirlo e, con onestà, di chiedersi come reagirebbe se ne fosse parte. La scorsa settimana l’amministratore del condominio dove abito ha informato tutti i residenti che una casa di produzione vorrebbe girare nel palazzo e in un appartamento diverse scene di una serie, chiedendo l’approvazione. E se poi non è Hollywood, ma scopriamo che casa nostra è una piccola Avetrana?