Corriere della Sera, 22 ottobre 2024
Dove sono finiti gli scrittori comici ?
Intorno all’a nno 2000, Filippo La Porta, nella sua rassegna su La nuova narrativa italiana, poteva dedicare un ampio capitolo alla «poligrafia del riso». C’era parecchia materia, con diversi nomi. L’epigrafe era affidata a una frase di Ennio Flaiano, grande erede di una tradizione comica illustre, quella italiana, iniziata nel Medioevo dalla Canzone di Cielo d’Alcamo che prendeva in giro la poesia amorosa della corte siciliana. L’elenco di La Porta si apriva con Stefano Benni, proseguiva con Rossi (Paolo), Serra, Salabelle, Lambiase, Starnone e si concludeva con un «narratore del cinema», Nanni Moretti. Forse per non appesantire troppo il capitolo, La Porta dislocava altrove nomi che avrebbero potuto tranquillamente rientrare nella «poligrafia del riso». Per esempio, Busi, ma anche Cavazzoni e Voltolini, Ballestra, Ammaniti, Nove, Piccolo, Scarpa. C’era una gran voglia di ridere e far ridere, di divertire e divertirsi giocando con le parole. Dov’è finita quella «gorgogliante risata» che si levava vent’anni fa sull’intera Penisola? Quasi scomparsa, a giudicare dalla letteratura (che è pur sempre un termometro degli umori nazionali). Non solo la letteratura, ovviamente: sabato Andrea Minuz sul Foglio analizzava perché e come il comico ha perso centralità in televisione. E anche quando rimane, qua e là, la satira ci arriva come una sorta di cascame nostalgico. Ma restando alla narrativa, molti degli autori citati da La Porta sono diventati «seri», anche troppo, persino tragici. Sarà che il mondo non offre materia su cui scherzare, ma neanche Gogol’ o Hašek vivevano anni allegri. Sono i tempi cupi spesso ad aguzzare l’ingegno trasgressivo, comico-grottesco, satirico. Se dovessi pensare a qualche autore comico attuale (comico in senso lato, un umorismo divertente e divertito che fa riflettere), avrei non poche difficoltà (Gnocchi e Cavazzoni per fortuna resistono). Mi vengono in mente i picareschi (in varia forma) Bruno Pischedda, Roberto Barbolini, il più giovane Alberto Ravasio. Non saranno gli unici, ma non sono autori da classifica. È vero che l’Italia non ha più voglia di ridere. Gli scrittori fanno ridere, ma senza volerlo, solo nel grande spettacolo autopromozionale che offrono ogni giorno, irresistibili e ubiqui ridolini tra social, festival, teatri, radio, talk show. Rocamboleschi. Ma non nella scrittura.