Corriere della Sera, 21 ottobre 2024
Giovanni Bianconi
Le spie non hanno «amici», guardano e osservano anche in casa dell’alleato. È sempre stato così, sarà sempre così. E lo conferma l’ultima fuga di notizie dagli Stati Uniti: documenti riservati sui preparativi della possibile rappresaglia israeliana in Iran messi in Rete da un canale Telegram filoiraniano.
Le carte, «uscite» non si sa come dagli uffici del Pentagono, portano la data del 15 e 16 ottobre, materiale a disposizione anche dei partner più stretti di Washington, gruppo noto come «Five Eyes», ossia Australia, Canada, Nuova Zelanda e Gran Bretagna. Il report è basato sulla ricognizione satellitare statunitense che segue costantemente l’intera regione, Stato ebraico incluso. Una volta esaminati i dati gli analisti hanno redatto diverse slide fissando i seguenti sviluppi: esercitazioni dell’aviazione israeliana per missioni a lungo raggio con impiego di rifornitori e velivoli da guerra elettronica G550; preparazione di missili balistici lanciabili da aerei dalla lunga distanza; «manovre» legate sempre ai missili nelle basi di Hatzor, Ramat David e Ramon; dispersione di caccia nel caso di strike di risposta e trasferimento dei mezzi in bunker; stato di preallerta per le forze speciali; voli «coperti» di droni (non è escluso un nuovo velivolo mai divulgato, aggiunge qualche esperto); nessuna attività specifica della componente nucleare o navale.
Nei due file trapelati – non sappiamo però se altri seguiranno – sono citati due sistemi specifici: i missili Rocks della Rafael e i Golden Horizon, un modello sconosciuto quest’ultimo ma che potrebbe essere il Blue Sparrow, con raggio di 2 mila chilometri. Equipaggiamenti con i quali i velivoli dell’Idf possono ingaggiare target in Iran senza esporsi a rischi della contraerea dei pasdaran, peraltro non troppo efficace e con buchi nella rete. La diffusione delle pagine top secret ha creato imbarazzo – sono già partite le scuse – e innescato un’inchiesta da parte dell’Fbi affiancata da quella della Difesa e dal Congresso.
Una breccia che segue altre, sempre gravi, che hanno dimostrato come informazioni importanti fossero gestite da militari senza che vi fossero controlli stretti. Su tutte la clamorosa pubblicazione, un anno fa, delle schede su Ucraina/Russia da parte del soldato Jack Texeira, oggi detenuto e in attesa di sapere l’entità della pena.
La caccia al responsabile è accompagnata dalla domanda: perché sono uscite le carte? 1) Qualcuno contrario a Israele: non è un mistero che in ambienti diplomatici e militari statunitensi ci sia una componente critica per le migliaia di morti provocati dall’offensiva su Gaza. 2) Un tentativo di «disturbare» i piani di Netanyahu e mettere sull’avviso Teheran che comunque è in allarme da tempo. 3) Un’azione per creare altre frizioni tra Washington e Tel Aviv. 4) Ma siccome siamo nel mondo delle ombre la storia può diventare un elemento di «confusione», con i pasdaran costretti a considerare qualsiasi ipotesi. Gli ayatollah hanno spesso usato la parola «sorpresa» per le loro ritorsioni, stessa cosa ha fatto di recente il ministro della Difesa israeliano Gallant. 5) C’è una lunghissima serie di «incidenti», colpi bassi e sospetti nella storia delle relazioni Stati Uniti-Israele. Alcuni esempi: il raid israeliano contro una nave della Sesta Flotta durante la guerra dei sei giorni nel 1967 (stava ascoltando le comunicazioni?), la presenza di una presunta talpa alla Casa Bianca, il caso di Jonathan Pollard (funzionario che passava a Tel Aviv dettagli sugli armamenti a livello globale), i timori di Netanyahu di essere sorvegliato e di sicuro altri dossier mai emersi.
I commentatori sottolineano che i documenti rappresentano solo un segmento di quello che gli Usa possono sapere, infatti si riferiscono solo a dettagli raccolti dai satelliti. Molto è rimasto «fuori», dalle incursioni cyber ai sabotaggi oppure alle manovre sfuggite agli «occhi elettronici».