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 2024  ottobre 21 Lunedì calendario

Herbert Kickl farà uscire l’Austria dalla Ue

Vienna. Alla Russia, agli asini e agli altri è una straordinaria testimonianza dell’angoscia dei pogrom che dilagava nella Russia zarista. Nel 1911 Marc Chagall dipinse su sfondo nero una mucca rosso sangue e una contadina dalla testa mozzata che volava via. La tela, insieme ad altri capolavori del grande pittore ebreo cresciuto in uno shtetl bielorusso, è esposta all’Albertina di Vienna, che dedica in questi mesi a Chagall un’imperdibile, ricchissima mostra. Qualche anno dopo quella prova straziante delle persecuzioni antisemite nell’Europa orientale, il cancro del nazismo avrebbe spazzato via sei milioni di ebrei in tutto il continente. E sembra incredibile che a distanza di oltre un secolo dalla contadina dalla testa mozzata, una destra nazionalista, razzista e antisemita stia di nuovo guadagnando consensi in tutta Europa.
La notte del 29 settembre, a pochi metri dal grande quadro di Chagall, il ministero dell’Interno austriaco ha finito di contare tardi i voti di un’elezione attesissima. Quella per il rinnovo del Parlamento, preceduta da mesi e mesi di sondaggi che davano un partito in testa, la Fpö, nato da reduci delle Ss e nazisti mai redenti. E capitanato da un politico ombroso e inquietante, Herbert Kickl, che ha cominciato la carriera scrivendo battute antisemite per il suo mentore, Joerg Haider, che negli anni ha detto impunemente che non tutte le Ss erano criminali e che in questa campagna elettorale ha adottato per sé uno slogan, volkskanzler, cancelliere del popolo, ben sapendo che era il termine con cui si definiva Adolf Hitler. Alla fine della conta dei voti, i pronostici si sono rivelati giusti: il partito di Kickl si è piazzato in testa, per la prima volta nella storia, e con un record di voti, il 29 per cento. E ora il leader della destra austriaca punta a fare il cancelliere.
Il giornalista dell’autorevole settimanale austriaco Profil, Gernot Bauer ha dedicato a Kickl un’illuminante biografia, scritta a quattro mani con il vicedirettore del settimanale, Robert Treichler: Kickl und die Zerstoerung Europas (Kickl e la distruzione dell’Europa, Zsolnay). E in questa intervista, l’esperto di politica interna ci aiuta a capire ciò che sta avvenendo in Austria. Perché non tutto è così semplice come sembra.
Bauer, come spiega questa vittoria della destra?
«In Austria c’è molta insoddisfazione. Pesano la guerra in Ucraina, il carovita e il Covid. E quest’ultimo punto andrebbe sottolineato, perché in Austria la crisi da coronavirus ha avuto effetti molto più pesanti di quanto non pensassimo. Ma attenzione a interpretare il voto di oggi senza tenere conto di quello delle ultime elezioni».
Quando aveva stravinto l’ex cancelliere Sebastian Kurz, leader dei popolari della Övp.
«Esatto. Nel 2009 i popolari avevano incassato una vittoria straordinaria del 37 per cento grazie a un leader carismatico come Sebastian Kurz. E dai flussi elettorali sappiamo che i voti che il capo dei popolari aveva guadagnato strappandoli cinque anni fa alla Fpö, ora sono tornati alla destra. Ma questo andirivieni di consensi è colpa dei popolari: Kurz ha puntato troppo sull’immigrazione, tema d’elezione della destra».
Intende dire che la destra e i moderati si contendono, in parte, gli stessi elettori.
«Sì, e aggiunga anche che il successore di Kurz, l’attuale cancelliere Karl Nehammer, non gode della stessa popolarità. E così si spiega il crollo di undici punti della Övp: è strettamente correlato alla vittoria di Kickl. A ciò va aggiunto il disastro dell’opposizione. La Spö, i socialdemocratici, sono molto deboli: l’attuale leader, Andreas Babler, ha cercato di spostare il partito a sinistra, di puntare su temi sociali, di riconquistare il voto operaio, di adottare una retorica da lotta di classe, ma ha fallito. La Spö continua a essere popolare tra gli intellettuali, non tra gli operai. E Kickl, non a caso, continua a fare propaganda contro “le élite”,  “quelli là sopra”. E continua a mietere consensi nelle aree a più basso tasso di vaccinazione anti-covid. Come dicevo, quello del coronavirus continua a essere un tema enorme, in Austria. In Bassa Austria, dov’è andata al governo, la Fpö ha messo come primo punto nel programma la cancellazione delle multe anti-covid».
Nella vostra biografia, lei e Treichler scrivete che fino a qualche anno fa un politico come Kickl era considerato troppo di destra, ma che ora corrisponde allo Zeitgeist. Cosa intendete dire?
«Che molti partiti in Europa si sono radicalizzati. Peraltro bisogna chiedersi se la Fpö sia destra estrema o destra populista. Io non penso che sia di estrema destra, penso che ci siano contatti con l’estrema destra che si sono intensificati. L’era Kickl è contrassegnata dalla caduta della linea rossa con gli Identitari, per esempio. Anche durante la serata elettorale, Kickl si è fatto fotografare con esponenti degli Identitari, senza alcun pudore».
Il partito, però, è stato fondato da ex nazisti, e l’ex capo della comunità ebraica Ariel Muzicant li chiama tuttora kellernazis, nazisti delle cantine. Peraltro, contrariamente alla Germania, non sembra ci sia mai stato un cordone sanitario verso la Fpö: è stata al governo più volte.
«Kellernazis è un’espressione degli anni 70, quando effettivamente i reduci nazisti erano ancora vivi e cantavano le loro canzoncine brune nelle cantinette. Ma molti sono morti, direi che quel problema non c’è più. Resta, tuttavia, il problema delle confraternite di destra. Sono la spina dorsale accademica della Fpö: circa un terzo dei deputati viene da quegli ambienti. Ma Kickl, va ricordato, non viene dalle confraternite. E non credo sia nazista, anche se ha difeso le Ss».
Esatto, proprio in un dibattito tv di molti anni fa con Ariel Muzicant.
«E di recente, quando lo spitzenkandidat alle Europee dell’Afd tedesca, Maximilian Krah, è stato cacciato dagli Identitari in Europa grazie all’intervista che gli ha fatto Repubblica, avrà notato che l’unico ad averlo difeso è stato Herbert Kickl. E a settembre si è congratulato con l’Afd per i risultati in Turingia e Sassonia. Però sono abbastanza convinto che se un esponente della Fpö dicesse oggi quelle cose sulle Ss, dovrebbe dimettersi. In questo, i tempi sono cambiati».
A proposito di Europa: a giugno Kickl ha fondato insieme a Viktor Orbán i “Patrioti” europei. E non nasconde l’intenzione di “orbanizzare” l’Austria.
«Sì, Orbán è il suo modello. Però per imitarlo, avrebbe bisogno della sua stessa maggioranza schiacciante, e non ce l’ha. Ma i suoi obiettivi sono gli stessi: la lotta contro le ong, contro i media indipendenti, contro l’Unione europea – e le simpatie per la Russia. L’Austria è da sempre una “repubblica del consenso”, ma lui punta a polarizzare il Paese – come Orbán. E con lui, il rischio di un’uscita dell’Austria dalla Ue diventerebbe concreto. Così come terminerebbe ogni collaborazione con la Nato: lui predica sempre l’importanza della tradizionale neutralità dell’Austria. E proverebbe, come ha già fatto da ministro dell’Interno, ad attaccare le strutture statali».
Quello che Trump chiama il deep state.
«Sì. esatto. E poi non dimentichiamoci gli slogan più agghiaccianti della sua campagna elettorale: la presunta “sostituzione etnica”, la minaccia della “remigrazione”, ossia la deportazione di massa di migranti, la promessa di un’Austria “omogenea”».
Espressioni che fanno venire i brividi. Ma pensa che Kickl sarà cancelliere?
«Ne dubito. È molto isolato, al momento. E penso che alla fine ci sarà un governo a tre tra popolari, socialdemocratici e i liberali di Neos. Ma la Fpö già si sfrega le mani. Guarda al fallimento della coalizione semaforo in Germania e pensa: tra due anni al massimo torniamo a votare».