il venerdì, 21 ottobre 2024
Tutti gli incubi del papà di Bram Stoker
L’autore di Dracula, e di un buon numero di romanzi e racconti in quella vena, era un dublinese con aspirazioni letterarie, che agli inizi aveva un posto di impiegato al Comune. La svolta fu l’arrivo in città di Henry Irving, il massimo attore e capocomico dell’epoca. Lui, giornalista part time, lo abbordò e promosse con tale entusiasmo che il grand’uomo lo ingaggiò come direttore del suo teatro londinese. Correva l’anno 1878, e il prestigioso lavoro, che comportava la residenza a Londra, consentì al nostro di convolare a nozze con la sua bella, prima di trasferirsi nella nuova città.
Il nostro si chiamava Bram (in origine, Abraham) Stoker ed era nato nel 1847. La sua bella, che pare fosse bella davvero (lo scrittore George du Maurier l’avrebbe giudicata una delle tre più belle donne che avesse mai visto) era stata corteggiata in precedenza da un Oscar Wilde ancora studente universitario. Florence Balcombe, forse così chiamata in omaggio a Florence Nightingale (suo padre aveva combattuto in Crimea), era nata nel 1858. Oscar la corteggiò nel ’76 e nel ’77, nei periodi in cui non era a Oxford, e quando il rapporto si interruppe le chiese sospirando di restituirgli un piccolo monile con inciso il proprio nome, che le aveva regalato.
Una vita sregolata
Stoker rimase a fianco di Irving, anche organizzandogli varie tournée in America e sul Continente, fino alla fine della carriera del divo, che si ritirò nel 1902. Non per questo cessò mai di essere un avido lettore, curioso di più discipline. Il suo Dracula uscì nel 1897 a coronamento di sei o sette anni di ricerca di materiali e di riscritture. È, infatti, un libro molto complesso, raccontato a più voci attraverso lettere, diari, resoconti di testimoni, ecc., dove si tirano le somme di una articolata tradizione di leggende popolari mitteleuropee sul personaggio del vampiro, la cui fisionomia quel libro stabilì definitivamente. Il suo successo fu immediato e universale, anche se l’autore saggiamente non rinunciò al suo impiego fisso. Quando però con la chiusura del Lyceum Theatre (1902) i suoi emolumenti vennero a mancare, riprese la penna e buttò giù altri romanzi sempre nel genere fantastico-horror, con profitto anche se senza tornare ai fasti del primo. Morì, nel 1912, logorato dalla sifilide, retaggio di una esistenza che specie negli ultimi anni era stata sregolata.
A questo punto sua moglie, dalla quale era stato a lungo estraniato, prese in pugno la situazione e si fece custode della sua eredità letteraria, anche raccogliendo in nuovi volumi racconti sparsi, proposti a un pubblico che si era venuto consolidando. Un episodio famoso fa parte di questa sua attività di vedova battagliera. Quando alcuni amici le segnalarono che un film tedesco, Nosferatu, era sfacciatamente basato sul libro del defunto, senza che mai nessuno ne avesse acquistato i diritti, Florence intraprese una lotta legale internazionale, la vittoria nella quale rischiò di esporla all’abominio dei cinefili futuri, perché il tribunale decretò la distruzione di tutte le copie della pellicola. Per fortuna si salvò, di nascosto, quella personale del regista Murnau. In seguito se ne recuperarono anche altre.
Nel pantheon del gotico
Ancora oggi la statura di Stoker come scrittore nel pantheon del genere “gotico” o come lo si vuole definire – ultimamente, soprattutto, “horror” – non è salda come quella di suoi predecessori irlandesi, come Charles Maturin o Sheridan Le Fanu. Ma gli ammiratori di Dracula sono numerosi, e, pare, in costante aumento. Si vede anche dal cinema, perché proprio il genere horror, quasi come il fantastico, è quello che attira di più nelle sale avventori giovani, e quello nei quali l’industria investe di più. Nel nostro tempo si afferma il gusto per le storie raccapriccianti, non necessariamente in chiave realistica, come se gli spettatori, e i lettori, tornassero volentieri bambini, all’epoca delle sanguinarie fiabe dei fratelli Grimm (che magari modernamente non vengono loro più proposte; ma qui il discorso ci condurrebbe lontano). D’altro canto è sempre stato così, sin dalle origini la fabula, la narrazione, è stata poco legata al verosimile e al quotidiano; può darsi che la parentesi del romanzo borghese, che esiste solo da tre secoli, stia per concludersi. Così anche i romanzi sfacciatamente improbabili e dai risvolti vagamente inquietanti che Stoker sfornava magari di getto, senza l’elaborazione del capolavoro, per contentare lettori di poche pretese, oggi si ristampano e vengono tradotti e presi molto sul serio.
Una misteriosa malattia
Nell’odierno Il creatore delle Ombre, undici racconti presi da raccolte precedenti, più un paio inediti o quasi, che l’indefessa Florence scelse tra quelli scritti prima di Dracula, sono amorosamente curati da Giancarlo Carlotti per Feltrinelli, anche rintracciando riferimenti nascosti alle vicende biografiche e alle pulsioni interiori di Stoker. Il quale aveva vissuto per i primi sette anni colpito da una misteriosa malattia che lo incapacitò totalmente, rendendolo quasi prigioniero di se stesso, e dalla quale guarì improvvisamente e misteriosamente, fino a diventare un omone pieno di energia, ottimo atleta e rugbista. Saranno terrori antichi che ritornano? Comunque, se nella vita fu un uomo molto attivo ed energico, ebbe lati segreti (la frequentazione dei bordelli), e si può pensare che gli incubi che sciorinò, con estrose variazioni, gli fossero congeniali. Uno studente prende alloggio nella casa maledetta di un giudice spietato, e finisce appeso al cappio che quello teneva in camera. Un chiassoso turista americano insiste per farsi rinchiudere nella Vergine di Norimberga, e viene infilzato da quegli spunzoni. Due ragazzacci – Stoker ama il tema dei doppi – giocano a tirarsi addosso due piccoli gemelli fino a farli a pezzi. I capelli di una donna uccisa e nascosta crescono fino a uscire dalla sepoltura e denunciare il misfatto. Una zingara profetizza a un incredulo che sarà l’assassino di sua moglie... indovinate come va a finire.