la Repubblica, 20 ottobre 2024
Non si può essere grandi da soli
I duellanti. Alcaraz-Sinner. Quelli che non importa dove come quando. Perché il loro destino è e sarà sempre una sfida eterna. Perché in cima dopo i Big Three ormai la lotta è tra i nuovi Big Two. Perché ormai il tennis è nelle loro mani. Sia che in palio ci sia il mondo, la gloria vera o un’esibizione, come il Six Kings di Riad che ha incoronato Jannik in finale, vinta in tre set, consegnandogli 6 milioni di dollari.
È l’arma letale di ogni gioco: la rivalità, il confronto, le sberle che dai e ricevi, sempre con lo stesso altro. Con quello che vuole strapparti il presente e farti capire che ti dovrai sempre accomodare dietro di lui. L’altro, Carlitos, lo spagnolo. Non più vecchio, ma quasi tuo coetaneo, appena due anni di differenza. Lui Toro, tu Leone. E tu lo sai che ci sarà sempre lui: a colpirti, a studiarti, a rubarti l’illusione. Perché l’altro non ti lascia mai in pace, ti stanca anche nei sogni, sempre lì a prenderti in contropiede. Joseph Conrad i duellanti li immaginò diversi: uno biondo, l’altro bruno, uno razionale, l’altro istintivo. Due che quando si specchiano non sono mai soli, c’è sempre anche l’altro. Perché a forza di scontrarti ti conosci, ti odi, ti rispetti. E l’avranno capito anche Alcaraz e Sinner: trovare qualcuno con cui duellare per tutta la vita è la più grande fortuna possibile. Anche se qualche volta lui ti batterà, anzi, proprio per questo.
L’olandese Mathieu Van der Poel (nipote di Raymond Poulidor) e il belga Wout Van Aert, i due rivali più accesi del ciclismo attuale, sene sono accorti prima di arrivare in fondo alla strada. Prima del Mondiale di ciclocross 2023 si sono visti rivolgere la stessa domanda: che cosa vuol dire questa corsa per te? Van Aert ha risposto che non avrebbe cambiato niente nella sua vita, Van der Poel ha detto che vincerlo o perderlo avrebbe fatto tutta la differenza del mondo. Il belga è diventato professionista prima, nel 2017. L’altro soltanto due anni dopo. Da allora Van der Poel ha vinto 51 corse, Van Aert 49. Le ultime 42 volte che loro due sono partiti (anche) nel ciclocross, uno dei due è arrivato primo. Mathieu subito dopo aver tagliato il traguardo del Mondiale di Hoogerheide ha ricordato di come l’altro lo renda più grande: «Corriamo contro da quando eravamo piccoli, ciascuno spinge l’altro ad andare oltre». E Van Aert, sconfitto, all’arrivo ha allungato un braccio per dire all’altro: bravo, questa volta sei stato tu il migliore. Aveva la testa tra le mani e non sorrideva, ma ha avuto l’onestà di postare una foto di lui e dell’altro affiancati, testa a testa, un attimo prima che Van der Poel partisse per quello sprint irresistibile. E la didascalia diceva tutto: «I hate it but I love it». Lo odio, ma lo amo. Non lui, ma questo duello.
Roger Federer e Rafa Nadal in 18 anni si sono incontrati 40 volte e il risultato finale è 24-16 per lo spagnolo che ha ammesso: «Roger mi ha reso un tennista più forte». Anche se la sfida più frequente nella storia del tennis è Nadal-Djokovic: ieri a Riad la 61ª e ultima volta, 32-29 per Nole.
Non puoi essere grande da solo, lo sei se qualcuno di altrettanto grande ti misura. Sul ring Muhammad Ali e Joe Frazier si incontrarono anzi si scontrarono tre volte (’71,’74 e ’75) e furono sempre battaglie sanguinose. Non si amavano. Quando Frazier ad Atlanta nel ’96 vide Ali con la torcia in mano tremare per il Parkinson, dichiarò: «Spero bruci anche all’inferno quel bastardo». Ma quando morì Joe nel 2011 Ali andò a sorpresa andò ai suoi funerali: «Dovessi affrontare dei nemici vorrei lui a mio fianco». Il suo modo per ringraziare l’altro.