Corriere della Sera, 20 ottobre 2024
I 50 anni del ministero della Cultura
Mezzo secolo fa. Il 23 novembre 1974 nasce il governo Moro, che istituisce il ministero per i Beni Culturali e l’Ambiente, affidato a Giovanni Spadolini. Si tratta di un anniversario che rischia di passare nell’indifferenza: a causa delle recenti vicende di cronaca che hanno colpito il Collegio Romano, sommerso da polemiche, condannato a rimandare decisioni urgenti. Eppure, proprio questa ricorrenza potrebbe essere l’occasione per riflettere sul senso e sul destino di uno tra i dicasteri più «politici» del nostro Paese. Che ha specifiche valenze storico-artistiche, economiche, educative. Innanzitutto, conservare e valorizzare con competenza, rispetto, quasi con amore la vastità di un patrimonio diffuso e stratificato: grandi musei, siti archeologici e pinacoteche, architetture, chiese e monumenti disseminati ovunque. E ancora, educare a pensare il palinsesto che abitiamo come un tesoro e come un’opportunità, non come un giacimento da sfruttare: quel che conta è la ricchezza generata dall’indotto dei beni culturali sui tessuti delle città, non gli introiti immediati. Inoltre, questo ministero ha il valore di un decisivo baluardo civile. Può contribuire a diffondere la cognizione del «modello Italia», inteso come continuum che lega una città a un borgo, un affresco a una rovina. Questa unicità serve a definire l’identità nazionale come bene prezioso. Solo se diventeremo davvero consapevoli della nostra civiltà, potremo diventarne i custodi, pronti a difendere un paesaggio martoriato da un’incultura delittuosa.
Il neoministro Alessandro Giuli ha davanti a sé una missione impegnativa. Riaffermare le ragioni «istituzionali» del MIC. Ma, soprattutto, reinventarne la filosofia, fuori da barriere ideologiche. Uscire da paradigmi novecenteschi. Aggiornare i profili di dirigenti e funzionari. E misurarsi con le sfide del digitale e dell’intelligenza artificiale. Un programma ambizioso. Che potrebbe ripartire da una distinzione fondamentale cara a Spadolini. In Italia, abbiamo bisogno di un ministero «per» la cultura, non «della» cultura.