Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2024  ottobre 20 Domenica calendario

Le prove contro Trump per l’assalto a Capitol Hill

New York Poco più di due settimane alle elezioni presidenziali Usa, oltre dieci milioni di americani hanno già votato, ma i magistrati che hanno incriminato Donald Trump sono sempre al lavoro, anche se i processi sono rinviati a data da destinarsi.
Per quello più rilevante, l’incriminazione dell’ex presidente davanti al Tribunale della capitale, Washington, per «aver cospirato contro gli Stati Uniti e ostruito la proclamazione di Joe Biden come nuovo presidente», il procuratore speciale Jack Smith ha pubblicato ieri 1.889 pagine di allegati agli atti sottoposti il 2 ottobre scorso a Tanya Chutkan, la giudice incaricata di gestire il processo contro Trump.
Molto materiale, ma pieno di parti cancellate e omissis, che offre poche novità. La principale: la testimonianza di un (anonimo) usciere della Casa Bianca che, interrogato a porte chiuse dalla commissione parlamentare che ha indagato negli anni scorsi sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, ha detto di aver informato alle 13.21 Trump che il collegamento con l’Ellipse, la piazza davanti alla Casa Bianca luogo del comizio incendiario dell’allora presidente che fu all’origine della sommossa, era stato interrotto in anticipo dalle televisioni perché la folla dei suoi attivisti stava assediando il Campidoglio. Trump se lo fece ripetere due volte senza reagire. Il suo videomessaggio con l’invito alla calma arriverà dopo tre ore: alle 16.17.
In mezzo l’invasione del tempio della democrazia americana con i ribelli a caccia di parlamentari. Alcuni minacciarono di impiccare il «traditore», Pence. Già nei documenti pubblicati il 2 ottobre erano emerse testimonianze ufficiali a conferma di quanto già riferito dalla stampa: quando dissero a Trump che Mike Pence era assediato da manifestanti minacciosi, il presidente (infuriato con il suo vice che si era rifiutato di bloccare il processo di ratifica della nomina di Biden) reagì con un semplice e provocatorio «E allora?».
Il caso fa discutere, più che per la sostanza di quanto emerso, per la disputa legale combattuta attorno a questi adempimenti: gli avvocati di Trump, John Lauro e Todd Blanche, hanno chiesto al giudice di impedire al procuratore Smith di pubblicare la nuova serie di atti sostenendo che farlo alla vigilia del voto costituisce interferenza elettorale. Chutkan ha respinto questo argomento sostenendo che è vero anche il contrario: non pubblicare elementi conoscitivi importanti sui quali non ci sono motivi di segretazione rappresenta una violazione del diritto degli elettori di essere informati.
E comunque, prudentemente, il Tribunale ha cancellato tutte le dichiarazioni rese privatamente e ha tolto molti nomi dei testimoni, lasciando quasi solo documenti già pubblici. Documenti che, però, sono stati raccolti e sistematizzati da Jack Smith nel tentativo di salvare il suo processo che la Corte Suprema ha di fatto congelato per quasi sei mesi coi suoi rinvii, stabilendo poi, con una sentenza di luglio, che un presidente non può essere processato per gli atti ufficiali che svolge mentre è in carica.
Smith cerca proprio di dimostrare che Trump è processabile almeno per una parte delle imputazioni: il procuratore vuole andare avanti col processo sulla base di altri elementi (come la reazione quasi compiaciuta all’annuncio che Pence era in pericolo) sostenendo che qui Trump «ha agito a titolo privato come candidato, non come presidente». Ma se ne riparlerà dopo il voto.