Il Messaggero, 19 ottobre 2024
In viaggio con gli operai verso la manifestazione di Roma
Frosinone – L’appuntamento per i più mattinieri è alle 5.30 davanti ai cancelli dello stabilimento di Piedimonte San Germano, un’ora dopo partono i bus di chi si ritrova alla ex stazione ferroviaria di Cassino e quelli da Frosinone. Una carovana di 18 pullman messi insieme dalle categorie dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil. Ci sono gli operai di Stellantis, quelli dell’indotto e di altre fabbriche – dall’Abb Sace alla Leonardo – del territorio.Si sorride e ci si abbraccia, ma è palpabile la preoccupazione. Li senti parlare dei figli, dei contratti rinnovati «ma ancora precari» e poi – soprattutto – della loro situazione. Due le richieste che emergono con forza durante il viaggio verso Roma: sono prospettiva e dignità. In fabbrica si lavora sempre meno e il timore che aleggia è che la produzione si sposti all’estero.«Futuro sì, chiusura no» – recita uno degli slogan. Ed è una richiesta palpabile nei racconti di chi affronta l’ennesima vertenza della sua vita, celando dietro un sorriso il sentimento di angoscia. Per i posti di lavoro a rischio, la cassa integrazione che non basta a coprire le spese, le nubi all’orizzonte certamente più nere di quelle che hanno accompagnato l’inizio del viaggio ma per fortuna poi si sono diradate.LA TENSIONEC’è qualche battuta, certo («tu di che fabbrica sei, non ti conosco....» – scherzano due operai di vecchia data), si critica Rosa D’Emilio, segretaria provinciale della Fiom Cgil per non aver pensato a preparare qualcosa da mangiare. Lei replica che se non ci fosse stata una vertenza da seguire fino a tardi, ieri sera... Il clima è cordiale, non potrebbe essere altrimenti, ma in fondo, a prevalere, è il timore che non ci sia futuro.Saverio ha 60 anni, dall’88 lavora per il gruppo «ho iniziato come collaudatore auto dell’Alfa Romeo – dice – da allora più passa il tempo e più lo stabilimento si impoverisce». C’è una linea di demarcazione, è quella del cosiddetto “Ccsl”, il contratto specifico di lavoro introdotto ai tempi di Marchionne: «Non è più dei metalmeccanici, avremo una pensione ridotta rispetto ai colleghi, ad esempio – aggiunge – e poi tra solidarietà e cassa integrazione che termina a fine anno non c’è futuro. Ci hanno ridotto alla fame e non riusciamo più ad affrontare la quotidianità con la famiglia».Arriva dalla logistica, invece, Alberto, 58 anni, anche lui dall’88 a Cassino: «Si è calpestata la dignità delle persone per il profitto ed ecco i risultati. Si propongono incentivi per l’acquisto delle auto, ma poi si permette di andarle a produrre all’estero lasciando noi a casa e questo è inaccettabile. Con i contratti di solidarietà i problemi sono infiniti, basta pensare alla pensione, ammesso ne avremo una, che prospettiva di vita può essere questa?». Massimiliano Maramao è il “capo pullman”, lavora alla Viv Decoral dove si verniciano profilati d’alluminio. «Ci siamo per solidarietà, le riduzioni vanno sempre a discapito delle persone. Per questo si chiede di aiutare il settore metalmeccanico. Non rischiano solo Stellantis e l’indotto, abbiamo tutti paura che da un giorno all’altro possa andare male e già se accade ai dipendenti Stellantis ne risentiamo tutti».Grazia Di Giorgio da Cassino è arrivata fino sul palco di piazza del Popolo, speaker della manifestazione per la parte delle rappresentanze aziendali. Prima di salire racconta i suoi «25 anni al montaggio, ho fatto un pezzetto di storia e conosciuto alti e bassi, ma un momento più drammatico di questo mai, perché è messo in discussione il futuro». Il timore? «Restare con un pugno di mosche, si è pensato sempre di più al lusso e non al fatto che sono gli operai a poter comprare le auto e non possono più permetterselo se restano senza stipendio o sono precari».Maurizio Vecchio, 51 anni, è impiegato dell’azienda dell’indotto Trasnova che si occupa di logistica di vetture. «Con gli assegni familiari riesco a portare a casa poco più di 1.500 euro al mese. In questi anni ho cambiato tre società, ma l’incertezza che si respira adesso non c’è mai stata». Luigi Di Caprio, 48 anni, impiegato in Fca security: «Lavoro in Fiat da 16 anni. Le condizioni negli ultimi 5 sono peggiorate. Ad oggi lo stipendio medio è di 400 euro, lavoriamo mediamente 8 giorni al mese. Rischio di trovarmi senza più lavoro e ho tre figli: queste sono le preoccupazioni».Si riparte soddisfatti dell’esito della manifestazione, si scorrono siti e social per vedere cosa è emerso, ma le prospettive restano labili e la dignità continua a essere ridotta ai minini termini. Per questo il futuro preoccupa tanto. Tantissimo.