la Repubblica, 19 ottobre 2024
Il paese che vuole scoprire chi ha ucciso il droghiere
Garzeno (Como) – «Ma da te sono già venuti per il prelievo?». «Sì, l’hanno fatto solo a mia mamma, 90 anni». «La Lidia», una ventina di meno, ogni mattina scende in piazza per farsi fare il tampone del dna «ma – sospira chiusa già nel pile dal freddo – ancora niente. Se mi suona qualcuno, non apro mica più da quel giorno».A Catasco, frazione di Garzeno, nemmeno 120 anime sopra il lago di Como ai piedi del Legnone, non arriva neanche la corriera. Si trova a un’ora da Lugano dove i (pochi) giovani vanno a lavorare. Un’arrampicata di vicoli, gatti, case di pietra, vecchie stalle, scalinate nella nebbia, dove sono quasi tutti anziani: da giorni i carabinieri girano in borghese, con discrezione, casa per casa, a prelevare il dna. Tampone sulla lingua, «tre secondi e via». Prima ai capostipiti, che così si risale anche ai figli, e poi giù a cascata. E allora c’è chi l’ha già fatto, chi non ancora, chi non vede l’ora. Perché, tutti sostengono, «almeno così ci togliamo il dubbio che l’assassino non sia qui, una volta per tutte». Perché è in questa manciata di casette di montagna che è morto ammazzato meno di un mese fa uno di loro, pensionato droghiere, e oggi tutti sospettano di tutti.Chi è stato? Chi ha ucciso con tutte quelle coltellate Candido Montini? Il «botteghino» di 76 anni che in pensione non riusciva a stare, che acciaccato e senza farsi pregare consegnava il pane sullo zerbino delle anziane signore del paese oggi smarrite, che distribuiva le immaginette di Padre Pio prese da San Giovanni Rotondo, e che «mai una lite con nessuno, aiutava tutti». Insomma «un vero mistero». Tra la gente del paese, e poi si passerà ai dintorni, gli investigatori cercano il match, nella speranza che combaci con la traccia trovata, si dice, a casa della vittima. Perché l’assassino, quel pomeriggio del 24 settembre, nello sfogare il suo rancore contro il 76enne ex vicesindaco negli anni ‘90, sembra che qualche errore l’abbia commesso.«Non è di Catasco, sarà magari di Garzeno» dicono tanti, per dire che non può essere uno di loro. Ma Garzeno è a mezzo chilometro, siamo sempre lì. «Di sicuro non è di Milano», per far capire che, come risulterebbe anche dalle indagini, chi hasferrato le coltellate al 76enne, l’ultima, fatale, alla gola, quelle scorciatoie – dove è difficile che un forestiero non venga notato – le conosceva bene. Le stesse dove oggi gira Meggie, la cagnolina della vittima, adottata dal paese. «I cittadini li chiedevano dall’inizio i tamponi a tappeto, per togliersi di dosso le ombre che il paese stia coprendo qualcuno», dice il giovane sindaco Eros Robba. Una signora teme: «Qui finisce come con Yara: siamo tutti Montini, Martinoni, Braga». Pochissimi cognomi, «prima tutti avevano 7, 8, 10 figli».Chi ha ucciso «il Candido»? Montini Candido. Prima il cognome poi il nome sul citofono della villetta al piano terra, appena ristrutturata, stringata dai sigilli bianco rossi. Morto ammazzato. Al bar si prova a sdrammatizzare: «Ma non hai paura del maniaco col coltello?». Una signora alza il sopracciglio: «Ma io non apro la porta a chi non conosco». «L’è mai success nient» ripetono tanti. Non è proprio così. Nel 2006 Achille Martinoni sparò alla moglie Adalgisa Montini e poi si uccise, due settimane dopo vennero trovati in un rifugio sullo Spluga. «Ma lì almeno si capiva il contorno, tragico, della cosa». Nessuno si sottrae al dna. Ma la paura c’è. «Dall’Aurora» si dorme in tre nel lettone, nonna-mamma con la figlia che non vuol far più la rampa di scale da sola. La signora Angela ha fatto cambiare la serratura e «guardo sotto il letto e dentro l’armadio». A Silvana sono venute le palpitazioni «e mi han messo l’Holter per monitorare il cuore».Chi è stato? Qualcuno che «ce l’aveva col Candido», rispondono, che covava rancore. Una vecchia questione c’è. Una multa salatissima che Montini prese più di trent’anni fa, qualcuno segnalò che lì in bottega non si facevano scontrini. Lui cinque anni fa si era sfogato sui social, promettendo ritorsioni a chi «mi ha rovinato la vita». Ma «sono fatti di 35 anni fa», dice il paese. Un posto dove «i conti si regolano di persona». E l’ex parroco alle tv dà l’idea: «è gente semplice, come ti sa voler bene si sa anche infiammare. Possono essere attriti mai digeriti, mai perdonati». Potrebbe quindi essere una questione interna? «Potrebbe».