Corriere della Sera, 19 ottobre 2024
Giorgio Armani inaugura un nuovo palazzo a New York
L’autunno a New York di Giorgio Armani è un acclamato racconto cinematografico di quelli alla «c’era una volta»: la sala dell’Armory, lo storico edificio in Park Avenue, ex armeria del XVIII secolo, trasformata, con effetti speciali, in una stazione degli Anni Trenta. «I trenini – racconterà poi lo stilista – erano il mio gioco preferito, ma costavano troppo ed erano un sogno, per me. Così è un po’ come se lo avessi realizzato». Una locomotiva gigantesca. proiettata, invade quindi, le pareti. Rumore di rotaie e fischi di treni. Lo show inizia nella gigantesca sala. Donne che vanno e vengono. Lente o frettolose. Allegre o assorte. Sole come ragazze. O scortate dai portabagagli, come signore. Il cappello calato. Un foulard annodato. Un piccolo turbante. Stivaletti/calzari per camminare spedite. Tacchi amici e mai vertiginosi per gli appuntamenti importanti. E abiti di ogni, liquidi e leggeri: tuniche e bluse, giacche corte e spolverini morbidi. Camicie e short. Pantaloni e boleri. Pigiami da boudoir e gonne vaporose. Seta e tulle scintillante. Pelle guanteria e maglia a rete. Colori chiari, assolati che sanno d’oriente. Non tradisce mai, Armani, il sogno del viaggio, lontano, esotico. Gli abiti sono per l’estate che verrà, gioco facile dunque il lasciarsi alle spalle impegni e pesi. Non ci sono uffici da conquistare ma momenti da vivere in totale spensieratezza. Ed è questo il messaggio. Anche quando fra una ragazza e l’altra passano giovani uomini, scanzonati, anche loro.
«La collezione racconta un viaggio fantastico – scrive nelle note Armani – che attraversa un’epoca ricca di visioni, di ricordi fondendosi con stili diversi e modi di vestire. Ma è una collezione che parla al presente.Vorrei che il pubblico ne captasse i richiami cinematografici alle atmosfere degli Anni Trenta e, per un attimo, sognasse». E sono applausi a scena aperta, ancora quando le modelle stanno sfilando lungo l’interminabile passerella che gira fra accoglienti divanetti in un’atmosfera molto intima. E poi tutti 650 invitati in piedi.
Sono arrivati dall’Italia (da Paola Cortellesi e Laura Pausini e Gianmarco Tamberi) o da qualche blocco più in là (da Orlando Bloom a Brooke Shields e Michael Kors). Giorgio Armani esce, commosso. E poi si ritira soddisfatto, al termine di una settimana intensa fatta di prove, incontri, foto e firme.
Era dal 2013, anno di una One Night Only che lo stilista non veniva a New York per lavoro, mentre nel 2016 andò alla Casa Bianca ospite del presidente Obama: «Sono emozionato e felice. Ritorno con un evento in un momento speciale della mia carriera e della mia vita: ho appena compiuto 90 anni e la mia azienda sta per compierne 50. Inauguro un building che ci ha impegnato tanto e di cui sono particolarmente orgoglioso, perché rappresenta un omaggio duraturo a una città a cui sono molto legato».
Erano gli Anni Settanta quando Armani venne qui la prima volta, per ricevere il Neiman Marcus Awards, «l’avevo sognata tanto. Fu un’emozione fortissima. Era ed è una città magica. Con una personalità fortissima. È fonte di idee e di innovazione che segnano poi il mondo. Kamala Harris? Mi piace il suo viso, ma non è importante per me in quanto donna ma perché fa bene il suo lavoro». I trenini e New York, due sogni fra i tanti realizzati. Ancora uno bel cassetto? «Ricominciare tutto da capo».