Il Messaggero, 18 ottobre 2024
Nordio: «Gli hacker avanzano più veloci della legge»
L’hacker che conosceva le password di 46 magistrati, i conti correnti della premier e di tanti altri nomi noti spiati per mesi. E poi i siti istituzionali “bucati” dai pirati informatici. Sull’allarme cybersicurezza in Italia interviene ora il ministro della Giustizia, Carlo Nordio: «Sono riusciti ad hackerare persino il Cremlino – dice a margine di un convegno organizzato a Napoli, a Castel Capuano, sugli scenari giuridici e sociali legati alle violenze di genere – Oggi la tecnologia avanza: non solo le organizzazioni criminali, ma anche i dilettanti sono in grado di bucare le reti, finché non si trovano i sistemi più appropriati e sicuri».LA RASSICURAZIONECreano indubbiamente preoccupazione gli ultimi episodi. A cominciare dalle violazioni informatiche messe a segno da quel Carmelo Miano, arrestato con l’accusa di avere violato i server del dicastero di via Arenula, e trovato in possesso delle password di 46 magistrati, tra cui anche quelle dei procuratori di Napoli, Perugia e Firenze.Ma il Guardasigilli rassicura: «Questo accade perché l’evoluzione tecnologica avanza più velocemente delle leggi. Però non è vero che non c’è difesa: infatti l’hackeraggio fatto al ministero della Giustizia è già stato riparato e oggi siamo al sicuro. Certo, bisogna sempre tenere presente che la fantasia dei malintenzionati galoppa più velocemente delle norme».
IL DIBATTITO
Ma Nordio ha deciso di presenziare al convegno organizzato dal ministero con la Corte d’Appello e la Procura Generale di Napoli, e i riflettori si accendono su un altro fenomeno inquietante ed attualissimo: quello sulla violenza di genere. Che strategie bisogna attuare per prevenire la commissione di reati gravissimi, che sempre più vedono vittime donne e minori? Serve più repressione? O bisogna puntare sulla prevenzione?Dopo le relazioni introduttive della presidente della Corte d’Appello Maria Rosaria Covelli, del procuratore generale della Cassazione, Luigi Salvato e del Pg facente funzioni, Antonio Gialanella, la parola è passata ai relatori di una nutrita tavola rotonda alla quale hanno preso parte – accanto ad esponenti della magistratura, dell’avvocatura, del ministero della Giustizia e degli enti locali – il procuratore dei minori Maria de Luzenberger e di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, il comandante del Reparto operativo dei carabinieri di Napoli Andrea Leo, il prefetto Michele di Bari, il capo di Gabinetto della Prefettura, Stefania Rodà e la professoressa Maria Luisa Iavarone. Tutti hanno evidenziato come quella della violenza di genere rappresenti un’emergenza da affrontare, sì, con gli strumenti repressivi offerti dalla recente normativa; ma che vada contrastata principalmente investendo nella prevenzione, giacché il fenomeno va affrontato anche nel suo embrione culturale.
IL GUARDASIGILLI
A chiudere i lavori è stato il Guardasigilli. «I delitti ci sono sempre stati – ha commentato Nordio – ma questa crescita di violenza da parte degli uomini nei confronti delle donne esula dalla statistica e dalla tradizione dei grandi delitti commessi nella storia. Questa accentuazione deriva dal fatto che in questi ultimi 50 anni l’uomo ha molto affievolito quel dominio nei confronti della donna che aveva mantenuto per migliaia di anni. Questo in parte lo ha accettato e in parte no: e questa mancata accettazione si è tradotta in forme di violenza di prevaricazione in tutti i sensi, qualche volta economica, qualche volta sessuale o semplicemente in violenza morale. Ed è qui che l’educazione deve intervenire».In quest’ottica educativa e di prevenzione il ministero di via Arenula ha prodotto un opuscolo che sarà diffuso in migliaia di copie e che contiene le informazioni essenziali per le donne vittime di violenza, ma anche per gli autori di questo tipo di reati. «La legislazione esiste ed è adeguata – ha aggiunto il ministro – la magistratura si sta comportando in modo eccellente per rapidità ed efficienza, però la legislazione e l’intervento repressivo sono elementi necessari, ma non sufficienti. Occorre prevenire piuttosto che reprimere e la prevenzione si attua solo attraverso l’educazione e l’informazione».Il “codice rosso”, insomma, è uno strumento che funziona, ma da solo non basta. «Mancano l’educazione al rispetto dei diritti dei soggetti cosiddetti deboli – ha concluso il ministro – e il rispetto dell’uomo nei confronti della donna. È una cosa che non si impara a scuola, tanto meno leggendo i codici: è una cosa che deve provenire dalle famiglie perché è dai primi anni di vita che il bambino elabora il suo software nel modo di comportarsi nei confronti delle persone».