il Giornale, 18 ottobre 2024
Il dibattito sull’AI alla Buchmesse
Il dibattito sull’intelligenza artificiale emerge negli incontri più disparati. Non è solo una questione politica da declinare con i toni della speranza o della distopia. Per l’editoria sono importanti anche altri temi: la difesa del diritto d’autore e le modalità di produzione dei contenuti. Non stupisce quindi la folla accorsa ieri mattina, alla Buchmesse di Francoforte, all’incontro «Intelligenza artificiale: le nuove norme, le sfide e le opportunità di innovazione». Organizza l’Associazione editori italiani, intervengono Elizabeth Crossick, dirigente di Relx, azienda leader nel campo della IA, Quentin Deschandelliers, esperto di diritti d’autore e Maria Pallante dell’Association of American Publisher.
Prima di tutto, un breve accenno al quadro legislativo. L’Unione europea si è dotata di una legge per regolamentare l’IA soprattutto per quel che riguarda il diritto d’autore. La legge europea si applica per qualunque azienda, non è necessario che abbia sede in Europa. Il punto principale è la imposizione della trasparenza dei dati utilizzati. Negli Stati Uniti sono in discussione due leggi. Il primo provvedimento riguarda la produzione di fake news, il secondo regola la natura e la quantità del materiale da dare in pasto (come allenamento) alle IA. Negli Usa, ci sono 32 grosse cause in corso per violazione del diritto d’autore. In altre parole, le principali IA hanno potuto nutrirsi illegalmente di circa 200mila libri (stima al ribasso, da moltiplicare, probabilmente, per quattro).
Il mercato è inondato di prodotti dalla dubbia provenienza. Avete presente i bestseller delle principali piattaforme on line? Sono ebook autoprodotti e quasi sempre a sfondo erotico. Bene: l’81 per cento sono scritti con l’ausilio, per usare un eufemismo, dell’intelligenza artificiale. Anche in questo caso, la stima è al ribasso. Le piattaforme stesse stanno pensando a come porre fine alla situazione. Come se ne sono accorte? Beh, c’erano autori che scrivevano tre libri al giorno, tutti i giorni. Ma questo è perfino secondario. Un brutto romanzo, al massimo, fa arrabbiare o dormire. Ma ci sono anche libri che possono nuocere alla salute. Un ricettario, ad esempio. Una dieta artigianale. Un manuale di medicina fai da te. Fino a qui, ha parlato Deschandelliers.
È toccato a Crossick difendere l’industria. Relx, la sua azienda, ha sviluppato protocolli di utilizzo per rispettare il copyright e rendere trasparente ogni passaggio, dalla acquisizione dei dati alla commercializzazione dei prodotti. Ecco tre esempi di cosa si può fare con l’IA. In campo accademico, specie nella giurisprudenza, ci sono troppe pubblicazioni. Impossibile restare al passo. La IA analizza questa mole di informazioni e risponde in modo discorsivo qualora le sia posto un quesito legislativo. Meno ambizioso ma funzionale è la produzione di abstract, piccoli riassunti di libri, conferenze, ricerche. Molto ambizioso è l’aggregatore di dati clinici verificati. Immaginate la scena, perché presto la vivrete in diretta, poiché stiamo parlando di un prodotto pronto per il lancio. Il vostro medico di base ha cinque minuti per visitarvi. Ma può sempre inserire i sintomi nell’aggregatore e interrogarlo. L’aggregatore, una IA, sputa fuori un consiglio sulla diagnosi e sui farmaci necessari.
Torniamo ai libri. Dobbiamo avventurarci in un altro terreno minato. Nei grandi gruppi editoriali, i manager si interrogano. Quanta tecnologia, quanta IA, si può utilizzare in un libro, ad esempio, un manuale scolastico, uno dei settori più promettenti? Cosa deve comunicare l’editore ai clienti? E non abbiamo ancora parlato degli autori: hanno il dovere di comunicare all’editore se si sono avvalsi di una IA nella stesura di un testo? Questioni aperte. Ma proprio la Buchmesse mostra quanto siano stringenti. Georgia Kirke ha lanciato Clio Books, un servizio per aiutare gli autori a creare un romanzo. In dodici ore, un’idea si trasforma in un dattiloscritto pronto a essere mandato agli editori. Funziona così: l’autore spiega i temi chiave, l’obiettivo e il target. L’IA genera subito la struttura di un libro. Se piace, per ogni capitolo l’autore conversa circa per dieci minuti con l’IA. Risultato: 70mila parole, la lunghezza media preferita dagli editori. Ma si arriva senza difficoltà a 120mila. Non è tutto. Alcuni autori hanno il sacro terrore della pagina bianca. Oppure si infilano in una trama dalla quale non riescono a uscire. Si bloccano. L’IA li aiuta a uscire dall’impasse. Un libro, normalmente, richiede dai 12 ai 18 mesi di gestazione e lavorazione. Clio chiude tutto in trenta giorni. Attualmente ha in produzione 163 titoli.