La Stampa, 18 ottobre 2024
Ritratto di Norberto Bobbio
Da oggi, per iniziativa di Mariagrazia Grippo, presidente del Consiglio Comunale, che ha accolto la proposta del Centro studi Piero Gobetti, chi vi si troverà a passare per caso o chi vi si recherà volutamente per rendergli omaggio, in via Sacchi 66 troverà una targa in onore di Norberto Bobbio, che lo ricorda attraverso una sua frase tratta dal libro Italia civile. Qui il filosofo ha trascorso quasi l’intera vita, leggendo, studiando, scrivendo, confrontandosi con esponenti della cultura italiana e internazionale, dedicando gran parte del suo tempo ai giovani. Via Sacchi è la prima casa di Bobbio a cui sono collegate quelle che possono essere considerate la seconda e la terza: l’Università e la casa di Piero e Ada Gobetti, dove ha sede il Centro Gobetti.A Torino Bobbio ha insegnato ininterrottamente dal 1948 al 1979, a lui è intitolata la biblioteca dei dipartimenti di giurisprudenza. Dalla sua fondazione al 1993 Bobbio è stato il presidente del Centro Gobetti a cui ha destinato la sua biblioteca e il suo archivio personale. Con una similitudine si può stabilire una connessione esistenziale, morale, politica tra le case di Bobbio e i tre mestieri che ha esercitato: il professore (l’Università), l’intellettuale (via Fabro 6), l’uomo (via Sacchi). Quanto all’Università, gli studenti che hanno seguito le sue lezioni, quelli che si sono laureati con lui, quelli che sono stati suoi allievi, sanno che Bobbio è stato un professore del dialogo. Inizialmente concepisce il dialogo – che «è sempre un discorso di pace e non di guerra» – come una necessità storica, ma in realtà il dialogo è per lui un esercizio quotidiano tanto nella vita pubblica quanto nella vita privata. Tra le forme di dialogo privato c’è la corrispondenza che intendeva come scrittura a distanza.Quanto a Via Fabro 6, la sede storica dell’antifascismo azionista negli anni del regime è stata ed è uno dei luoghi simbolo della storia di Torino e d’Italia. Bobbio ne è stato uno degli animatori e ne è uno degli ispiratori nel solco dell’eredità di Piero Gobetti, il prodigioso giovinetto, teorico di una immaginaria e immaginosa rivoluzione liberale che non si è ancora realizzata.Parlando di sé stesso, quando compì ottant’anni, in un discorso per il suo compleanno, Bobbio disse una frase che mi è rimasta impressa: «Ho l’abitudine o la tentazione di vedere sempre il lato oscuro delle cose, e anche di me stesso. Sono stato in tutta la mia vita inseguito o addirittura perseguitato dal dubbio di non essere all’altezza del compito o meglio dei compiti. Due compiti difficilissimi: insegnare e scrivere. Non parlo del “mestiere di vivere”, ancora più difficile. Per fare bene il mestiere di vivere non ho mai avuto una grande vocazione (oggi si direbbe “professionalità")».Certo Bobbio non l’avrebbe mai detto ma, alla luce della vita che ha vissuto e del modo in cui l’ha vissuta, noi ora possiamo affermare che ha esercitato bene i suoi mestieri. Scherzando un po’ potremmo convenire che li ha svolti con professionalità nel senso che è stato un buon professore, amato dai suoi studenti, e un buon intellettuale, per la cura e il rigore nella ricerca e nell’uso delle fonti e per la chiarezza nell’esposizione degli argomenti.Sul piano personale, se dovessi dire qual è il valore che maggiormente caratterizza l’uomo e la sua casa, non avrei dubbi nel dire che è l’amicizia. Bobbio ha coltivato un vero e proprio culto nelle pagine a cui si sente più legato Italia civile, Maestri e compagni, Italia fedele, La mia Italia, i libri di testimonianza in cui esprime i più profondi legami affettivi che ha avuto con le persone che lo hanno aiutato a vivere.Alla mia domanda: «Che cos’è l’amicizia per te?», così ha risposto: «L’amicizia è un atto di elezione, di cui è persino un po’ misterioso l’atto di nascita. Come misteriosamente nasce, l’amicizia misteriosamente muore». È evidente che con queste parole si riferisce non alle amicizie generiche ma alle amicizie della vita. L’amicizia è un dono prezioso che illumina la vita. Ciascuno di noi ha avuto o avrà almeno una amicizia della vita, che non è necessariamente quella che è durata più a lungo ma quella che sia pure di breve o minore durata ha segnato in modo più profondo la nostra vita. Ebbene l’amicizia della vita di Bobbio è stata quella con Leone Ginzburg. Si può dire di lui ciò che egli ha scritto dell’amico Leone: «La pratica dell’amicizia rappresentò una parte importante della sua vita». Riandando con la memoria agli incontri a casa di Leone con gli amici del tempo della prima maturità, li descrive come «il luogo privilegiato in cui l’amicizia nasce, si consolida e se ne fa la più autentica esperienza».Casa Bobbio è stata uno di questi luoghi privilegiati dove sono nate tante amicizie personali e scientifiche, intesa l’amicizia come «un rapporto umano disinteressato, da cui esula ogni motivo egoistico ed è dominato soltanto dal desiderio di stare insieme con nessun altro scopo che quello di godere del reciproco beneficio derivante dallo scambio dei doni dell’intelligenza e del cuore».