la Repubblica, 18 ottobre 2024
Ricordo di Eugenio Scalfari
La Francia era la sua seconda patria. La politica parigina poteva assorbire il suo interesse prendendo la precedenza su quella italiana. Quello che lo affascinava era la storia politica sulle rive della Senna. In François Mitterrand vedeva un personaggio della grande storia del suo paese. Ero all’epoca corrispondente a Parigi per la Repubblica e le telefonate di Eugenio arrivavano puntuali, numerose, insistenti. Voleva sapere le evoluzioni del mitterrandismo. Il presidente socialista lo interessava perché era stato ministro degli Interni e della Giustizia, severo durante la guerra d’Algeria, aveva assecondato la repressione ed era poi approdato al socialismo diventando il segretario del partito.Durante un viaggio in Guascogna, con la famiglia di Eugenio e con Sandro Viola, lui parlava dei personaggi passati e presenti della politica francese con una passione e una precisione identiche a quelle che dedicava ai politici italiani. Passando da una città all’altra della regione dei moschettieri citava le opere della letteratura francese da Dumas a Proust a Camus. Durante quel viaggio gli interrogativi politici si alternavano a quelli letterari.La Francia è stata uno degli argomenti che mi ha più unito a Eugenio Scalfari. Non fu solo la politica, argomento ovvio tra un direttore e un suo redattore. L’interesse di Eugenio per la Francia era appassionato e su molti fronti. Le campagne elettorali seguite da Roma implicavano telefonate quasi quotidiane. Da quegli scambi di notizie e idee si rafforzò il nostro rapporto professionale ma nacque anche un’amicizia.Conoscevo lo spazio che occupava la letteratura transalpina nell’ampia biblioteca di Eugenio e questo creava tra di noiuna complicità. Durante le belle feste in via Nomentana Eugenio si sedeva spesso al pianoforte e si metteva a cantare: delle vecchie canzoni italiane, un po’ di jazz americano, e anche la chanson francese. Nell’aprile del 1988 mi inviò in Bretagna, a Rennes, per l’inizio della campagna per il secondo mandato presidenziale di Mitterrand. Ricordo che più che dal comizio del “presidente candidato”, come scrissi allora, Eugenio fu affascinato dalla presenza sul palco di Charles Trenet e di Barbara. Ricordo che gli piacque moltissimo l’idea che Mitterrand avesse scelto Douce France di Trenet come canzone simbolo, come inno della sua campagna nella speranza di una Francia più dolce, armoniosa, unita solidale.Nel 1968, anno in cui Eugenio divenne deputato socialista, non perdeva di vista quello che accadeva in Francia e anche in Cecoslovacchia. Ricordo che in quell’anno facevo la spola tra i due paesi. Nel maggio del ’98, nel trentennale della rivolta giovanile francese, Eugenio mi domandò di scrivere una serie di articoli. Ne discutemmo a lungo e alla fine decidemmo di raccontare l’atmosfera di quel maggio non senza passione, come un momento che per entrambi era stato, ed era, ancora intenso.E a proposito dell’amore per la storia di Francia, non poteva mancare in Eugenio l’interesse per la Rivoluzione e i suoi protagonisti. Nel 1989, per il bicentenario della presa della Bastiglia,la Repubblica se ne occupò molto di più di altri quotidiani. E a questo proposito vorrei anche ricordare le grandi feste per il 14 luglio che per tanti anni Eugenio e sua moglie Simonetta hanno fatto a Velletri, nella loro casa di campagna vicino Roma. Ogni volta ero gentilmente costretto a intervenire, e mi sono sempre divertito molto.