il Fatto Quotidiano, 17 ottobre 2024
In morte del settore auto: la crisi Stellantis
Nei piani del ministro delle Imprese Adolfo Urso doveva essere l’anno del rilancio. Invece i primi mesi del 2024 sono stati i più neri nella storia dell’auto italiana, con la produzione tornata ai livelli del 1957 e una ripartenza che si fa sempre più complicata. A dispetto dei proclami dell’ad Carlos Tavares, che continua a parlare dell’italia come uno dei cuori produttivi di Stellantis, si rischia il deserto industriale. I dati sono lì a dimostrare come della fu Fiat degli Agnelli è rimasto molto poco nelle mani del nipote John Elkann: 387.600 auto e furgoni commerciali assemblati nei primi 9 mesi dell’anno contro i 567.525 del 2023. Il terremoto sta colpendo alle fondamenta il settore, tra uscite incentivate e ammortizzatori sociali. La scossa è tale da aver portato i sindacati metalmeccanici, divisi dai tempi di Marchionne, a ritrovare l’unità scioperando insieme domani. L’ultima volta fu nel 1994, quando a fare paura era la discesa a 1,5 milioni di veicoli. Oggi l’auspicio del governo sarebbe arrivare a due terzi di quella cifra, ma la realtà racconta di un anno che si fermerà sotto il mezzo milione, con le auto a quota 300 mila e un calo superiore al 40% rispetto ai 12 mesi precedenti.
L’impatto del crollo dei volumi sta avendo un riflesso sulla filiera: aumenta la cassa integrazione nella componentistica, che conta oltre 2 mila aziende, complici lo spostamento di catene di fornitura e la riduzione dei margini riconosciuti. Tra le crisi più preoccupanti: Lear, Bosch, Proma, Denso, Marelli, Gruppo Ma e Speedline. La situazione si fa complicata anche nella logistica: il caso esemplare è la Sangritana, impresa ferroviaria controllata dalla Regione Abruzzo attraverso Tua, costretta a mettere in cassa integrazione 92 lavoratori per la contrazione dei Ducato in uscita dalla fabbrica di Atessa.
Tavares continua a dare la colpa al passaggio obbligato all’elettrico, ma a smentirlo c’è la storia. Tanto per iniziare, in Italia si produce un solo modello, la 500 a Mirafiori, con quella motorizzazione. Il secondo dato che confligge con la spiegazione è legato alla flessione di lungo periodo dei volumi: dal 1999 al 2022, la produzione è arretrata del 66%, passando da 1,4 milioni a 473 mila auto. Nessuno in Europa ha fatto peggio. Negli ultimi 30 anni, sono scomparsi gli impianti di Chivasso, Desio, Rivalta e Arese e, dal 1989, c’è stata una riduzione complessiva degli addetti alle linee produttive di 36 mila unità, con il gruppo che è passato da quasi 52 mila lavoratori a poco più di 15 mila.
Lafabbrica torinese è il paradigma del disastro. Ha perso circa 11 mila operai negli ultimi 35 anni. Oggi conta 3.187 dipendenti in contratto di solidarietà su 12 mila totali fino al 31 dicembre. Dopo l’estate si è lavorato per 9 giorni, l’impianto resterà chiuso fino al 3 novembre e si prevedono un’altra manciata di giorni attivi da qui a fine anno. Nei primi 9 mesi del 2024 dalle carrozzerie sono uscite 22.240 unità tra 500 elettrica, Maserati Granturismo e Grancabrio, il 68,4% in meno delle 70.365 dello stesso periodo del 2023. Stellantis ha promesso la 500 ibrida nel 2025, mentre le piattaforme dedicate alle Maserati non si vedranno prima del ’27.
I 5.361 dipendenti sono in contratto di solidarietà fino al 26 giugno 2025. La produzione della 500X è ferma da luglio, Jeep Compass e Renegade vanno avanti a singhiozzo. Il risultato? Novantamila vetture in meno (-62%) rispetto al 2023. Si prevedono 3 mila macchine al mese, quando in tempi normali quel numero corrisponde a due giorni di lavoro. Il futuro è affidato ai 5 modelli della piattaforma Medium, 4 dei quali partiranno solo nel 2026 (due Jeep, una Ds e una Lancia). A quel punto l’impianto dovrebbe produrre 260 mila vetture arrivando a saturazione, secondo l’azienda. Ma lo scetticismo serpeggia tra i sindacati.
Annunci per il futuro hanno riguardato anche Cassino, dove la piattaforma Large non entrerà a pieno regime prima del 2027. Nel frattempo, in 2.700 sono in contratto di solidarietà fino al 31 dicembre per i bassi volumi della Grecale e di Alfa Stelvio e Giulia. In fabbrica si fa un solo turno e circola la previsione di 18-20 giorni di lavoro fino al termine dell’anno. Da gennaio a settembre i volumi si sono fermati a 19.710 unità. Nei primi sei mesi del 2017, se ne assemblarono 153.263.
Era stato il miglior impianto fino a giugno, producendo da solo il 59% delle auto italiane, poi la situazione è precipitata anche qui. Nonostante i buoni ordinativi per la Panda, i cali di Dodge Hornet e Alfa Tonale hanno portato i 4.258 dipendenti a dover affrontare la cassa integrazione ordinaria tutti i venerdì di settembre, altri 12 giorni a ottobre e ieri ne sono stati annunciati 9 a novembre complice un calo di ordini per l’utilitaria. Nell’impianto campano non sono previsti nuovi modelli, ma la Panda endotermica è stata confermata fino al 2029. Con un’incognita: la concorrenza della versione elettrica che verrà prodotta in Serbia.
L’impianto abruzzese di veicoli commerciali ha visto un ribasso del 10% di volumi tra gennaio e settembre, con la Cigo andata via via aumentando fino a coinvolgere 1.200 dipendenti. Andrà così per almeno altre tre settimane. Il dato negativo è frutto dell’inversione di tendenza tra luglio e settembre dopo un buon primo semestre. La produzione è ora ferma a 630 Ducato al giorno, il terzo turno è sospeso e i metalmeccanici temono che il ruolo di leadership di Atessa nell’universo Stellantis dei veicoli commerciali tramonti in favore del sito polacco di Gliwice.
Drammatica la situazione a Modena, con 220 Maserati prodotte in nove mesi, rispetto alle 910 del 2023: robusto l’utilizzo della cassa integrazione e del contratto di solidarietà. Il calo della produzione ha portato a un largo uso di ammortizzatori sociali anche nei due impianti di produzione dei motori (Termoli e Pratola Serra). In Molise si fanno i conti anche con il rinvio della gigafactory da parte del consorzio Acc (Stellantis, Mercedes e Total) che ha spinto il governo ad escluderla dai progetti del Pnrr.
In ambienti sindacali si fa notare anche come non sia un segnale positivo la svalutazione messa a bilancio per 263 milioni delle immobilizzazioni immateriali, cioè degli impianti. Il timore è che sia frutto dei flussi finanziari futuri previsti: vorrebbe dire che nei prossimi anni Stellantis si aspetta una riduzione produttiva in Italia. Del resto, tutti i nuovi modelli sono assegnati all’estero: la Topolino in Marocco, la 600 e l’alfa Junior al sito polacco di Tychy, la Panda elettrica a Kragujevac (Serbia) e la Lancia Y a Figueruelas (Spagna). “Non abbandoniamo l’italia”, ha garantito Tavares. Le ultime mosse raccontano un’altra storia.