il Fatto Quotidiano, 17 ottobre 2024
Gli affari di Elon Musk in Italia
Le mani di Musk sull’italia. Dalla Difesa a Palazzo Chigi e poi la Farnesina e la controllata Leonardo: il multimiliardario americano da mesi sta gestendo trattative su diversi tavoli. E con le principali istituzioni italiane. L’obiettivo è vendere i progetti della propria Spacex, l’azienda aerospaziale statunitense che secondo il Wall Street Journal, dopo perdite per due anni consecutivi, nel primo trimestre del 2023 ha registrato un profitto di 55 milioni di dollari. “Per ora non c’è nulla di concluso, ma in futuro ci sarà sicuramente tanto”, assicura una fonte ben informata.
E infatti il progetto Starlink della Spacex sta incuriosendo molti. Che Giorgia Meloni stimi il magnate che finanzia Trump è noto: dopo la sua partecipazione ad Atreju, la kermesse di FDI, la premier il 16 settembre 2023 ha postato una foto di entrambi su Instagram: “La partecipazione di Elon Musk ad #Atreju è stata anche un’occasione per dialogare insieme sui benefici e i rischi dell’intelligenza artificiale e sulle nuove prospettive legate a Starlink...”.
Da mesi questa tecnologia è al centro di attente valutazioni. Un giro di affari ad oggi non ancora quantificabile, ma che potrebbe rappresentare una fetta di investimenti importanti. Starlink è stata creata nel 2015: è una costellazione di satelliti per l’accesso all’internet globale in banda larga collocati in orbita terreste bassa. Ad oggi ha 5.500 satelliti in orbita. Variante militare di Starlink è invece il progetto Starshield, una sorta di rete satellitare protetta. A differenza della prima che è a uso civile, questa è pensata per scopi governativi e di sicurezza nazionale.
Da tempo sono in corso interlocuzioni del ministero degli Affari Esteri sul sistema di connessione protetta di Musk e che in futuro potrebbe essere utilizzato da Presidenza del Consiglio, Farnesina e Difesa. E quindi nelle ambasciate, consolati e uffici degli addetti militari nelle zone problematiche. Il progetto non è stato ancora approvato e potrebbe prestarsi a critiche sulla necessità di affidare ambiti così delicati a società non in house.
Già il 30 gennaio scorso c’era stato un incontro a Roma per testare la capacità dei terminali di Starlink. Quel giorno Tim Hughes, senior vicepresident di Spacex, aveva incontrato anche il sottosegretario con delega all’innovazione Alessio Butti. Il punto è sperimentare il satellite di Musk per salvare il progetto banda ultralarga del Pnrr, in forte ritardo. Lo ha detto lo stesso Butti solo due giorni fa: “A settembre gli operatori hanno complessivamente raggiunto il traguardo di un milione di civici collegati. Visti i ritardi degli operatori, il governo sta esplorando opzioni che possano contribuire a garantire connettività nell’immediato. Con riferimento alle aree più remote, stiamo valutando con Starlink e altri operatori l’integrazione della tecnologia satellitare come complemento alle infrastrutture esistenti”. Ora dovranno essere individuate tre regioni per la sperimentazione.
Per quel che riguarda il ministero della Difesa, invece, per ora non c’è alcun contratto in corso con Spacex, ma un domani le cose potrebbero cambiare. “Non può essere altrimenti, sono monopolisti nel loro settore”, spiegano alcune fonti. Sarà una scelta presa a livello nazionale, con l’obiettivo di creare una piccola rete di satelliti autonoma. Satelliti che potrebbero essere utili su due fronti, su quello dell’intelligence per il monitoraggio di target sensibili o per finalità legate a minacce balistiche, ad esempio per intercettare missili o droni.
E poi c’è Leonardo Spa. Già Telespazio (joint venture tra Leonardo e la francese Thales) a giugno ha firmato un accordo con Spacex per la commercializzazione proprio dei servizi Starlink.
Ma quello che bolle in pentola in casa Leonardo sarebbe un affare più grosso. Da mesi sono in corso interlocuzioni tra l’ad Roberto Cingolani e Musk o i suoi collaboratori. Stavolta però è Leonardo che vuole vendere a Spacex i propri servizi per ciò che riguarderà la gestione dei satelliti di Musk.