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 2024  ottobre 17 Giovedì calendario

L’altra Italia di Giordano e Scurati alla Buchmesse

Francoforte – «L’altra Italia» si presenta alla Buchmesse di Francoforte e fa capire subito che lo strappo consumato a giugno, all’indomani della presentazione del programma, non può essere facilmente ricucito. Ieri, primo giorno di apertura della fiera, è stato anche il giorno di Antonio Scurati e di Paolo Giordano che, come Roberto Saviano sono presenti a Francoforte, ma fuori dalla delegazione ufficiale guidata dal commissario del governo Mauro Mazza. Giordano e Scurati sono stati protagonisti, con Francesca Melandri prima di un incontro al Pavilion, cuore politico dei dibattiti della Buchmesse, poi, singolarmente, di altri due eventi. Scurati ha incontrato allo stand del suo editore, Bompiani, i giornalisti per parlare di M. L’ora del destino, il nuovo libro della serie che ricostruisce il ventennio fascista, uscito ieri in Italia, Spagna e Germania, quello che definisce un «romanzo documentario» in cui la rigorosa aderenza ai fatti storici si sposa con una messa in scena romanzesca. È un capitolo, spiega, che racconta «le sciagurate decisioni di Benito Mussolini che trascinarono l’Italia, una nazione totalmente impreparata e un popolo riluttante, nel mattatoio della Seconda guerra mondiale! Dal lato sbagliato della storia». Il quinto e ultimo volume della serie, vorrebbe che uscisse l’anno prossimo, in una data non casuale, il 25 Aprile.
Giordano ha illustrato il senso dell’operazione «L’altra Italia» anche nell’incontro con la scrittrice (di origini austriache, vive in Germania) Eva Menasse, portavoce del Pen Berlino, che ospita in questi giorni scrittori italiani proprio per parlare di libertà di stampa e censura. «Un percorso faticoso iniziato dallo sgomento, come spesso le cose buone, legato all’esclusione di Roberto Saviano dalla delegazione ufficiale» spiega al pubblico straniero Giordano. Il mancato invito all’autore di Gomorra ha suscitato un confronto tra scrittrici e scrittori e poi una lettera molto critica verso il governo italiano, siglata da 41 firme. È seguita una «seconda fase costruttiva», spiega Giordano, «che ha portato a una sorta di controprogramma che comprende transfughi e non transfughi», cioè autori presenti anche nel programma ufficiale, come Francesca Melandri, Donatella Di Pietrantonio, Vincenzo Latronico, Nicola Lagioia. Lo scrittore ha anche sottolineato una certa mancanza di supporto da parte degli editori: «Siamo così abituati all’idea del libro come qualcosa da comprare e vendere che spesso ci si dimentica che sono anche altro».
La distanza tra i due palinsesti e su ciò che li ispira è dichiarata fin dal titolo dell’incontro al Pavilion, «Radici nel presente», in chiara contrapposizione alle «Radici nel futuro» del programma ufficiale: «Un titolo brutto, rivolto al passato, una celebrazione funeraria non avendo una proposta culturale attuale – lo definisce Scurati —. Nelle intenzioni degli organizzatori, ed è dimostrato dai fatti e dagli argomenti, quelle sono le radici fasciste e neofasciste che non sono mai state recise, come si sarebbe dovuto fare, e come io li invito ancora a fare. Quelle radici non sono le mie, noi ne abbiamo altre, che si sono nutrite dalla lotta contro il nazifascismo e che hanno fatto germogliare piante meravigliose nel nostro Paese, non solo quelle del paesaggio, ma radici culturali, artistiche». Scurati si definisce «un fiero italiano. Non mi sento qui a parlare male del nostro governo, non sono interessato. Mi sento qui, in ottima compagnia, a rappresentare la cultura italiana e invito gli amici stranieri a prestare attenzione alla cultura italiana attuale, corroborata e motivata anche da questa lotta in favore della democrazia».
Scurati ripercorre il caso di censura di cui è stato vittima alla Rai quando il suo intervento sul 25 Aprile «in cui celebravo i valori della Resistenza e criticavo la presidente del Consiglio che si è sempre rifiutata di riconoscere i valori antifascisti, è stato cancellato», gli insulti e gli attacchi subiti: «Un autore viene personalmente attaccato, diffamato, censurato dalle più alte cariche dello Stato».
Se Francesca Melandri sottolinea «il pressapochismo e la miserevolezza di questo governo nei rapporti con la cultura», contestualizza la tendenza all’occupazione degli spazi da parte di chi sta al potere dentro «una vecchia storia italiana, segno di una democrazia mai completamente matura» di cui ha sempre fatto parte anche la lottizzazione della televisione pubblica. Secondo Giordano c’e un «percorso che va avanti da due anni, costituito da molti episodi che raccontano un clima di ingerenza da parte del potere politico e del governo sulla cultura. Il fatto di aver scritto un editoriale contro la decisione di ribattezzare ministero dell’Istruzione e del Merito il dicastero dedicato alla scuola è bastato a rendermi un nemico ufficiale, a essere ascritto a questa egemonia culturale della sinistra che la destra vorrebbe sostituire. Mi hanno attribuito posizioni politiche che spesso erano confuse anche per me».
L’autore di Tasmania ha anche portato ad esempio il caso di Christian Raimo, scrittore e insegnante molto attivo politicamente, che «ha ricevuto provvedimenti disciplinari per aver rivolto critiche al ministro Valditara». A Eva Menasse che sottolinea la tendenza dei politici a intraprendere azioni legali contro scrittori e giornalisti critici verso i governi, come ha fatto Giorgia Meloni con Roberto Saviano, Giordano risponde sottolineando, lo squilibrio di potere tra privati cittadini e chi sta al governo: «È un’idea insana dei rapporti tra politica e intellettuali».
Sollecitato dalla moderatrice tedesca Birgit Schönau nell’incontro del Pavilion, Scurati parla di un revisionismo storico che accomuna le destre mondiali: «La riscrittura della storia al di fuori di criteri oggettivi, scientifici, condivisibili per sostituirla con una memoria faziosa, identitaria e partigiana, è parte integrante del programma politico delle nuove destre sovraniste». Le parole del ministro Alessandro Giuli che alla cerimonia di apertura della Buchmesse ha fatto riferimento alla difesa della «libertà di espressione di ogni forma di dissenso, compreso quello che possa rivolgersi contro il governo» non lo toccano più di tanto: «Non mi interessa ciò che dice il ministro – ha detto – credo nella letteratura e nei fatti. Non sono uno scrittore del dissenso, sono loro che dissentono dalla storia. Parlare di dissenso significa non avere un’idea di democrazia. Giuli negli anni Novanta militava in Meridiano Zero, di chiara ispirazione nazifascista. Sto ancora aspettando che la rinneghi».