Corriere della Sera, 17 ottobre 2024
La faccia scaltra dell’asse del caos
C’è chi lo chiama «quartetto del caos», chi «asse dei revisionisti», chi «alleanza degli autocrati», altre definizioni arriveranno. Nel gruppo dei Paesi che da oltre due anni stanno provando a dare una spallata all’ordine internazionale dei decenni scorsi, non tutti sono però uguali. I leader di Russia, Corea del Nord e Iran (compresi i prolungamenti terroristi di Teheran) vivono in tuta mimetica. Non che il quarto membro del club, quello più rilevante e potente, la Cina, disprezzi le armi: in fondo, Mao Zedong sosteneva che il potere politico nasce dalla canna del fucile (altri tempi). La differenza sta nel fatto che Pechino sta dispiegando una strategia molto più articolata dei suoi soci per raggiungere il suo fine, cioè annettere Taiwan, che considera una provincia ribelle. Nei giorni scorsi ha effettuato manovre militari attorno all’isola con oltre 150 aerei, una portaerei e navi da guerra per dimostrare che può soffocare l’isola quando vuole. Ma c’è molto di più. L’Ufficio per la Sicurezza Nazionale di Taipei ha sostenuto martedì che la Cina ha incrementato parecchio gli attacchi cyber: disinformazione online, uso di troll, distribuzione di notizie false con l’uso dell’intelligenza artificiale. Inoltre, lo scorso giugno Pechino ha annunciato 22 misure (non ancora ufficializzate) per minacciare i taiwanesi che sostengono l’indipendenza della loro isola e per affermare anche su essa la legge cinese. Colpiscono chi sostiene che Taiwan non è parte della Cina, chi da Taipei osa fare politica estera, chi promuove l’ingresso di Taipei nelle istituzioni internazionali. Insomma, chi considera l’isola uno Stato indipendente sarà condannato, anche in contumacia. Le pene proposte vanno da anni di prigione all’ergastolo, alla confisca delle proprietà, alla pena di morte. Già nel 2021, Pechino aveva redatto una lista nera di taiwanesi da punire: tra questi gli allora premier Su Tseng-chiang e ministro degli Esteri Joseph Wu. Inoltre, gli uomini di Xi Jinping cercano di creare l’isolamento diplomatico massimo di Taiwan spesso minacciando chi ha relazioni con essa. E stringono in una morsa economica l’isola: dazi, bullismo sugli investitori taiwanesi con interessi in Cina, coercizione dei partner commerciali di Taipei. Se tutto questo non piegherà i taiwanesi, Pechino si riserva di infilare anch’essa gli scarponi militari: che è poi la divisa del club.