Avvenire, 16 ottobre 2024
Ankara boicotta Israele ma ci fa affari
La Turchia boicotta Israele, ma solo per finta. Con buona pace degli strali del presidente Erdogan e del suo Akp, il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo, il commercio con lo Stato ebraico va a gonfie vele e a guadagnarci sono proprio membri della famiglia del capo di Stato. Un paradosso, se si pensa che, nel maggio scorso, la Mezzaluna aveva annunciato in pompa magna l’interruzione delle relazioni economiche con Tel Aviv. E invece queste continuano imperterrite, il tutto grazie a un trucco. Anziché scrivere «Israele» come Paese di destinazione, sulle spedizioni viene indicato «Palestina». I riceventi, però, sono sempre gli stessi, ossia le aziende e i privati israeliani che importano merci dalla Turchia. La notizia è stata data da Metin Cihan, giornalista d’inchiesta, secondo il quale il volume di merci destinato alla «Palestina» è passato da modesti 156mila dollari in tutto il 2023 a 68 milioni a settembre 2024. Difficile pensare che tutta questa merce sia stata acquistata dalle popolazioni afflitte della Striscia di Gaza, che, nemmeno in condizioni normali, possono permettersi acquisizioni per tali volumi, o a chi vive in Cisgiordania. La verità è che tutta quella merce va a finire in Israele e a dirlo sono stati alcuni dirigenti dello Stato ebraico che hanno parlato in condizione di anonimato, ma che hanno lasciato intendere che l’interscambio commerciale fra i due Paesi non ha mai vissuto momenti di stanchezza o peggio ancora di crisi. I giornalisti turchi più scrupolosi hanno chiesto conferme al Tuik, l’Istat turco, che però non ha commentato. E se sui siti indipendenti si parla di «giallo delle esportazioni in Israele», molti sanno già chi sono i beneficiari di questo boicottaggio mancato. Fra gli azionisti di attività di sdoganamento e shipping che lavorano soprattutto con Israele, c’è Burak Erdogan, uno dei due figli maschi del presidente, già finito nell’occhio del ciclone nel 2009, dopo l’operazione Piombo Fuso. A quel tempo, l’illustre genitore aveva chiamato al boicottaggio del commercio con Israele e una delle sue società di trasporti navali, era stata colta in flagrante dalla stampa turca, che era un po’ più indipendente rispetto a oggi, mentre continuava con i suoi traffici indisturbata.
Questa volta ha proseguito, insieme a molti altri, nonostante l’annuncio ufficiale diramato dal Ministero del Commercioturco. Non c’è solo l’interscambio di merci, però, a mettere in imbarazzo il presidente di Ankara. Il mese scorso la Bayraktar, che produce i celebri micidiali droni turchi e che è di proprietà del genero prediletto di Erdogan, Selcuk Bayraktar, ha sponsorizzato insieme con un’azienda di difesa israeliana una fiera internazionale di industria militare che si è tenuta a Baku il mese scorso. Il diretto interessato ha bollato la notizia dicendo che si tratta di un tentativo per gettare discredito sulla azienda. Ma non ha detto che è falsa.
E se in Turchia il dibattito attorno a queste rivelazioni è abbastanza limitato, grazie alla censura sulla stampa, è lecito chiedersi cosa ne pensino in tutto il resto del mondo arabo, specie se si considera che, lo scorso settembre, Erdogan in persone aveva fatto appello a un’alleanza islamica contro lo Stato Ebraico, che doveva avere ripercussioni anche dal punto di vista commerciale.