il Fatto Quotidiano, 16 ottobre 2024
Un netturbino spiega perché la Meloni vince
Tra le molte cose criticabili, di cui dirò, Italo Bocchino possiede una qualità: la trasparenza dei sentimenti. Egli, infatti, è sinceramente ammaliato dal governo Meloni (e forse anche da Giorgia). Soprattutto, non ha mai chiesto nulla in cambio: né un dicastero, né la presidenza di un museo e neppure di una galleria d’arte. Lui lo fa per amore e solo per amore. Da Lilli Gruber gli proposi un patto: caro Italo, se tu riuscissi a pronunciare anche la più timida critica all’oggetto del tuo desiderio sono pronto a pagarti una cena in un ristorante stellato. Niente da fare: l’adamantino Italo, finora, non ha mai tradito mentre io ho risparmiato un bella sommetta. A proposito del libro che Bocchino ha dato alle stampe dal titolo Perché l’Italia è di destra diremo che sono 246 pagine di piacevole lettura che, tuttavia, si sarebbero potute liofilizzare nella semplice frase: l’Italia è di destra perché non è di sinistra. Infatti, non v’è chi non veda la linea coerente di un consenso popolare maggioritario che (complice l’innegabile lascito ideologico del fascismo) dalla Dc si è via via travasato nel berlusconismo e da qui nel melonismo. Con un paio di intermezzi nei quali la sinistra ha potuto governare con il voto degli italiani solo perché trainata dal moderatismo assai democristiano di Romano Prodi. Tra i capitoli che traggono ispirazione dall’incontrollabile trasporto di cui sopra, segnalo: “La destra è comunità e non familismo”. Oppure: “La destra ha una classe dirigente”. Ma anche: “TeleMeloni non esiste”. E, ciliegina sulla Fiamma: “L’Italia ha il vento in poppa”. Sono convinto che Bocchino, sicuramente dotato di quell’ironia che non difetta ai napoletani intelligenti, nel vergare i pistolotti abbia a stento trattenuto il riso. Più condivisibili i capitoli sull’antifascismo di maniera (spesso “usato” dagli avversari privi di argomenti solidi) e quello sulla “dittatura del politicamente corretto” (che però non fa più paura a nessuno). Nelle prossime edizioni (auguri!) suggeriamo all’autore di cominciare dall’ultimo capitolo, dal dialogo di Aldo Cazzullo con un netturbino quando costui gli chiede di non attaccare Giorgia Meloni nei talk show. Al che l’illustre collega chiede: come mai lei che fa un lavoro dignitoso ma molto umile difende la premier? Risposta: “Perché è una di noi”. Da qui l’interrogativo (che per chi scrive è una certezza): ma senza l’underdog Giorgia questa accolita di casinisti e scappati di casa sarebbe mai approdata al potere?